30/05/09

Raffaele Lombardo (MPA) si emancipa dal cuffarismo e sfida l'asse nordista del PdL.

Sicilia, rivoluzione nel governo
Entra solo metà Pdl, Cuffaro fuori

E i vertici del Pdl ora chiedono a Lombardo un incontro dopo le europee
e lo invitano ad evitare "eccessi e furbizie" nel definire la nuova Giunta regionale

PALERMO - Due magistrati, un imprenditore impegnato nella battaglia anti racket, solo una parte del Pdl e nessun uomo dell'Udc di Cuffaro. Nasce la nuova giunta siciliana guidata da Raffaele Lombardo. Il leader dell'Mpa ha annunciato i nomi dei primi nove assessori del governo-bis chiudendo così la crisi che si era aperta lunedì quando il presidente della Regione aveva azzerato la giunta in seguito agli scontri con gli alleati.

Nel nuovo governo di Lombardo non entra il Pdl, ma solo la componente che fa capo al sottosegretario Gianfranco Micciché (a lui fanno riferimento i due assessori confermati Giambattista Bufardeci e Michele Cimino) oltre a Luigi Gentile ex di An anche lui deciso a sfidare il diktat dei vertici del partito che hanno minacciato di espulsione chiunque avesse accettato la proposta di entrare a far parte del Lombardo-bis.
Un diktat che, dopo l'annuncio, ha ripetuto da Roma il ministro La Russa: "Nessuno ha potuto né può aderire senza una autoesclusione dal Pdl".

Nella nuova compagine ci sono poi due uomini dell'Mpa, il partito del presidente (Roberto Di Mauro e Giuseppe Sorbello) e soprattutto ci sono cinque assessori tecnici, dei quali due sono magistrati: Massimo Russo (ex pm impegnato in indagini di mafia che guida l'assessorato alla Sanità) e Caterina Chinnici, figlia di Rocco Chinnici il giudice ucciso dalla mafia a Palermo nel 1983.

Tra i tecnici sembrava entrasse, ma sembra in forse, il rettore dello Iulm e presidente della Fondazione Banco di Sicilia Gianni Puglisi e Marco Venturi, vicepresidente di Confidustria Sicilia e tra gli imprenditori che hanno avviato la battaglia contro il racket. Restano a disposizione due posti in giunta che Lombardo tiene liberi per proseguire la trattativa con il resto del Pdl, l'area che fa capo al coordinatore regionale Giuseppe Castiglione e al ministro della Giustizia Angelino Alfano, e con l'Udc di Salvatore Cuffaro che per il momento ha annunciato di "voler stare all'opposizione di questo governo".

In una nota i coordinatori del Pdl Denis Verdini, Ignazio La Russa e Sandro Bondi invitano Raffaele Lombardo a evitare "eccessi e furbizie" nel definire la nuova Giunta regionale della Sicilia e ad attendere le elezioni per arrivare poi a una soluzione condivisa con i "vertici nazionali e regionali" del Pdl.

"Il coordinamento nazionale del Pdl - si legge nella nota - conferma quindi il giudizio negativo sui modi e sui tempi con cui l'onorevole Lombardo ha affrontato il ripensamento sulla composizione della giunta che per primi avevamo e continuiamo a sollecitare, ma nelle forme utili per un rilancio dell'amministrazione siciliana. Senza la matassa polemica influenzata dal clima elettorale. Il coordinamento nazionale del Pdl rinnova quindi l'invito a operare, tutti, senza presunzione e facendo prevalere realmente gli interessi della Sicilia attraverso un necessario anche se faticoso lavoro di condivisione".

"In ogni caso - sottolineano i tre coordinatori nazionali del Pdl - nessuna delle soluzioni che prima delle elezioni venisse autonomamente assunta dal presidente Lombardo o, in ipotesi, da singoli deputati regionali, potrà trovare accoglimento nemmeno come soluzione transitoria o potenziale senza una intesa e condivisione con i vertici del Pdl. In definitiva, spetterà al coordinamento nazionale del Pdl, di intesa con i coordinatori regionali e i capigruppo, valutare ogni prospettazione nei tempi da noi preannunciati

28/05/09

Nando Dicè a Rai3

Il giro delle Italie si decide sul Vesuvio.

La quartultima tappa vedrà l'arrivo a Benevento, ma sarà la terzultima, quella che partirà da Avellino e salirà sul Vesuvio da Ercolano, a dirci chi sarà il vincitore. Ormai la sfida è tra il russo Denis Menchov e il Killer d'Abruzzo Danilo Di Luca. Domani tutti a tifare!

Questi i centri che saranno attraversati: Avellino, Bellizzi Irpino, Montoro Inferiore, Mercato San Severino, Salerno, Cava dei Tirreni, Vietri sul Mare, Cetara, Maiori, Minori, Atrani, Amalfi, Praiano e Positano, Sorrento, Piano di Sorrento, Vico Equense, Castellammare di Stabia, Torre Annunziata, Torre del Greco, Ercolano-Vesuvio.

Cesaro l'impresentabile.

La dialettica imbarazzante e le accuse di collusione con la criminalità organizzata fanno del futuro Presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro, un politico unico.

di Dario Ferri

Sarà difficile trovare, perfino scovando tra i più nascosti scaffali degli archivi televisivi, il filmato della dichiarazione di un politico qualsiasi che, in procinto di correre alle elezioni per una carica di rilievo, si sia espresso in maniera così impacciata ed elementare: "Credo che il rapporto con i sindaci è il rapporto più importante, perché il radicamento con i sindaci… loro rappresentano, diciamo… la punta più importante di un territorio: e noi anche sul programma ci siamo confrontati. E chiaramente non abbiamo messo su niente sul programma, ma abbiamo deciso che tutti insieme creeremo un comitato dei sindaci, la famosa Camera dei Sindaci, che andrà su questo problema del programma perché ritengo che oggi tutti i problemi sono soprattutto su… i Comuni ci possono dire quali sono i problemi perché purtroppo oggi siamo diventati l’ultima provincia, una delle ultime province d’Italia come città e come regione, ma dobbiamo soprattutto rialzarci come Campania, come Provincia di Napoli e come Napoli".

ITALIANO MACCHERONICO - Si tratta di una delle esilaranti dichiarazioni rilasciate ai microfoni dei giornalisti il giorno dell’ufficializzazione della sua candidatura. Non stiamo parlando di uno qualunque, insomma, ma di Luigi Cesaro, il candidato del centrodestra alla Presidenza della Provincia di Napoli, che, con molte probabilità, visto che tutti i sondaggi lo danno in vantaggio sull’ex Ministro dell’Innovazione Luigi Nicolais, riuscirà anche ad essere eletto. Sostenuto da ben 14 liste, durante la campagna elettorale è quasi del tutto assente dagli schermi televisivi. "Ti sei accorto che Cesaro non esce mai in televisione?", fa notare oggi maliziosamente qualcuno del centrosinistra, che ci tiene a mettere il dito nella piaga. "Non sa parlare in italiano", ammette auto-ironico qualcuno del centrodestra. Su Facebook propongono addirittura di donargli un traduttore: "Per fortuna le moderne tecnologie possono venire in aiuto del candidato presidente: chiediamo che davanti ai giornalisti venga affiancato da un interprete, così che anche chi lo ascolta possa capire in che modo si articoli il suo programma elettorale", si legge nella descrizione del gruppo. In effetti, a pensarci bene, hanno ragione. Alla sua presentazione, oltre alla risposta riguardante il rapporto coi sindaci, non si era mostrato in gamba nemmeno qualche istante dopo nel parlare delle emergenze, dei problemi da risolvere, delle sue priorità: "Purtroppo sono tantissime le priorità, ma credo la priorità più importante soprattutto l’abbandono delle scuole, delle strade, dobbiamo essere diretti e soprattutto anche dell’ambiente in cui ormai i nostri figli vivono continuamente e quotidianamente". Come può uno che si esprime in questi termini ottenere da una coalizione così ampia - lo sostengono anche La Destra e l’Udc - un così incondizionato sostegno (la sua candidatura, non è roba dell’ultimo momento, ma risale ad inizio 2009)?

FIDUCIARIO DEL CLAN - Ma c’è qualcos’altro su cui vale la pena di riflettere, e molto più a fondo: nonostante possa vantare attualmente un consenso elettorale tra i cittadini di Napoli e provincia superiore al 50%, Cesaro non sembra abbia una reputazione di cui potersi vantare. Gli atti del processo Spartacus, quello al clan dei Casalesi, parlano chiaro, chiarissimo. Il pentito Gaetano Vassallo, un imprenditore che ha gestito per il clan protagonista di Gomorra per vent’anni il traffico di rifiuti tossici, infatti, lo ha definito davanti ai giudici "un fiduciario del clan" guidato da Francesco Bidognetti (detto "Cicciotto ‘e Mezzanotte"). E Bidognetti, per chi non lo sapesse, condannato all’ergastolo in appello, è colui che insieme a Francesco Schiavone (detto "Sandokan") è stato per anni ai vertici della camorra casertana. "Mi spiegarono che Luigi Cesaro doveva iniziare i lavori presso la Texas di Aversa e in quell’occasione si era quantificata la mazzetta che Cesaro doveva pagare al clan. Inoltre gli stessi clan avevano parlato con Cesaro per la spartizione degli utili e dei capannoni che si dovevano costruire a Lusciano attraverso la ditta del Cesaro sponsorizzata dal clan Bidognetti", avrebbe affermato, riferendosi alla riconversione dell’area dismessa della Texas Instruments, il pentito Gaetano Vassallo, che, tra le altre cose, avrebbe anche dichiarato di essere stato testimone diretto dell’incontro tra Cesaro e Luigi Guida, detto "‘o drink", colui che tra il 1999 e il 2003 ha guidato armi la mano la famiglia Bidognetti per conto del padrino detenuto. L’ultimo capitolo di questo connubio tra politica e camorra sarebbe stato scritto nel 2005 con la concessione del permesso di costruire una nuova zona industriale alla ditta del fratello di Cesaro.

IL SILENZIO - E, intanto, in giro per la Campania nessuno parla, nessuno sa. O fa finta, chissà. Sta di fatto che mentre a livello nazionale si fa gossip e gran caciara sulle vicende private del presidente del Consiglio e qualcuno spera che quelle vicende possano compromettere la fiducia che riscuote da almeno la maggioranza degli italiani, l’opposizione napoletana al centrodestra non prova affatto a sfidare Luigi Cesaro su vicende ben più serie e gravi di quelle che hanno interessato Silvio Berlusconi in queste ultime settimane. Nel centrosinistra nessuno ha voglia e coraggio di denunciare apertamente il rischio di collusioni tra politica e camorra, né tantomeno di ricordare quanto affermato dal pentito Vassallo. Come se telefonatine, incontri, cene, viaggi e manie, che, piaccia o no, attengono alla sfera privata di ognuno di noi, siano più importanti di tangenti, appalti truccati, favoritismi, riciclaggi. Buone elezioni a tutta Napoli e provincia.

23/05/09

Li chiamarono briganti.

LA COMMERCIANTE PIU’ RAPINATA D’ITALIA CON INSORGENZA.

“Ho fatto il mio dovere, pagando le tasse, lavorando duramente. Sono stata derubata dieci volte, ho perso 150mila euro. E lo Stato mi ha abbandonata, non ha tutelato il mio sacrosanto diritto di essere difesa, mi ha trattato come una cittadina di serie C. Ed è per questo che ho deciso di appoggiare il Movimento di Insorgenza Civile. Loro, attraversi il comitato civico di Caivano, non mi hanno mai abbandonato, sono gli unici che combattono per i diritti dei cittadini”. Così Fortuna Tondi, la commerciante più derubata d’Italia, che oggi ha ospitato la presentazione dei candidati alle provinciali della lista del Movimento di Insorgenza Civile.

“Diciamo noi a questo Stato d’abbandono – ha spiegato il candidato alla Presidenza della Provincia per Insorgenza, Nando Dicé – ai territori trasformati in depositi di biomasse, alla delinquenza dilagante, all’assenza di ogni forma di politica e tutela. Questo è il risultato di 10 anni di alleanze occulte tra Destra, Sinistra e poteri locali. Rompere questo schema è il nostro compito: dove lo Stato abbandona, Insorgenza interviene”.

“Continueremo la nostra attività di denuncia e tutela legale - ha aggiunto il candidato Vincenzo Cimino, avvocato - a favore dei contribuenti onesti, sovente vessati e mortificati da cartelle pazze e fermi amministrativi illegali posti in essere in spregio di tutte le sacrosante garanzie costituzionali. La difesa della legalità nel nostro territorio passa anche attraverso il rispetto delle regole del diritto civile”.

“La Campania è la Regione che spende meno per le politiche sociali. Insorgenza civile interverrà in maniera massiccia affinché vengano stanziati fondi a favore delle famiglie disagiate, delle ragazze madri, come me – ha spiegato la candidata Mafalda Insigne - dei diversamente abili. Bisogna intervenire per la costruzione di strutture di pubblica utilità quali asili nido, centri di assistenza per gli anziani, spazi per i bambini”.

21/05/09

Così la sinistra meridionale è diventata antiterrona.

NAPOLI - È da pochi giorni in libreria «Bassa Italia», il nuovo saggio del direttore del Corriere del Mezzogiorno Marco Demarco. Qui di seguito sono pubbli­cati stralci dal primo capitolo.

Talvolta, diceva Totò, ho l’impres­sione che anche i gatti mi guardi­no «in cagnesco». Quanti gatti ci sono in giro? Diciamo la verità: non avvertiamo, noi meridionali, uno stra­no sguardo addosso? La sgradevole sensa­zione di un giudizio che ci precede, di una commiserazione che ci accompagna? L’im­pressione è che sia tornata d’attualità una questione che sembrava morta e sepolta. Di che pasta siamo fatti? È possibile, in­somma, che i meridionali appartengano ad una razza a parte? Molti lo pensano e lo dicono. Altri lo pensano e non lo dico­no. Chi scrive non lo pensa, ma dice che i meridionali hanno molto da farsi perdo­nare, e tra le tante cose anche questa sto­ria della loro diversità, a volte subita, altre esibita, sempre tirata in ballo o per com­piacersi o per giustificarsi. Da qui l’urgen­za di un’autocritica meridionale. (...) Dice bene Gianfranco Viesti, il ragiona­mento che molti fanno è il seguente: «I rifiuti sono Napoli, Napoli è il Mezzogior­no, i rifiuti sono il Mezzogiorno». Ma non c’è da meravigliarsi. Le generalizzazioni antimeridionali hanno radici profonde. Nel Cinquecento i meridionali erano i sel­vaggi della porta accanto, gli abitanti del­le indias de por acà. Prima ancora Rober­to il Guiscardo li definiva caccarelli e mer­daçoli parvique valoris. Diavoli in paradi­so in età barocca, diventano lazzari in quella dei Lumi e dolicocefali nel secon­do Ottocento. Infine, terroni nel Novecen­to delle ultime ondate migratorie. Ogni se­colo un insulto. O giù di lì. Quasi a chiude­re il cerchio di una secolare diffidenza, c’è poi chi offre sul piatto della polemica geo­politica il termine meridios, che almeno stempera il disprezzo nell’ironia. (...)

Il gioco dei pregiudizi e degli stereotipi è universale, si pratica da sempre e in ogni luogo, ma perché è così facile ripro­porlo a danno dei meridionali? Perché può apparire del tutto naturale immagi­narli come una razza maledetta, o come una razza e basta, senza aggettivi? In altre parole, cos’ha in comune la generosa sen­sualità di Sophia Loren con la figura spet­trale di Tina Pica? (...) L’idea di un’autocritica meridionale non è nuova. Nel maggio del 1990, provò a suggerirla Norberto Bobbio parlando di questione meridionale come questione dei meridionali. (...) Il primo dicembre del 2008 ci riprova allora Giorgio Napolita­no, nelle vesti di capo dello Stato. «Se il Mezzogiorno non dà il senso di una forte capacità autocritica - dice il Presidente nel corso di una visita a Napoli - difficil­mente riuscirà ad essere credibile». E allu­dendo al federalismo fiscale, aggiunge: «Non si possono denunciare i rischi e gli esiti infausti di politiche antimeridionali se ci si sottrae a un esercizio di responsa­bilità per quel che riguarda l’amministra­zione della cosa pubblica». Ma si fa pre­sto a dire autocritica. Chi è davvero dispo­sto a praticarla? (...) Ammettere l’ipotesi di un’autocritica meridionale implica, tra l’altro, misurarsi con l’antimeridionali­smo prodotto in casa, con l’antimeridiona­lismo dei meridionali. (...) È l’antimeridio­nalismo che dai positivisti radicali del pri­mo Novecento si spinge fino agli elitari di sinistra dei nostri giorni. Un pensiero, a dirla tutta, che dai sociologi razzisti della scuola lombrosiana arriva fino a certi ge­stori dei partiti personali, passando per i tanti rami di una cultura illiberale e neo­determinista. (...) La «questione razziale» è l’idea che il Sud sia la culla di una razza inferiore per indole, intelligenza e aspetto fisico. Esplo­de, dopo una lunga incubazione, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, e trova i suoi teorici, come Niceforo, Sergi e Lom­broso, quando a circa quarant’anni dal­l’Unità nazionale ci si rende conto che nel Mezzogiorno poco o nulla era cambiato, nonostante la liquidazione del potere bor­bonico. È allora che, in mancanza di me­glio e sull’onda di un incombente pensie­ro positivista, si mettono in campo spiega­zioni che rimandano alla diversità etnica. Niente è più rassicurante, del resto, di una semplificazione assunta come verità. Ed è così che le classi dirigenti antiborbo­niche assolvono se stesse.

Il Sud, ammet­tono, non è cambiato, ma la colpa è del popolo primitivo. Un secolo dopo la feb­bre razziale esplode invece quella elitaria, che a sua volta apre una nuova «questio­ne antropologica». Non più il fatto etnico: questa volta si sottolinea piuttosto l’infe­riorità culturale e civile dei meridionali. La nuova questione antropologica si mani­festa compiutamente a ridosso delle rifor­me istituzionali che avrebbero dovuto ga­rantire l’accesso del Mezzogiorno alla mo­dernità, e a circa quarant’anni, anche que­sta volta, dalla prima di quelle riforme: il varo, nel 1970, delle amministrazioni re­gionali, previste dalla Costituzione e fino ad allora mai istituite. Ancora una volta, quando si vanno a ela­borare i primi bilanci di questa lunga sta­gione di riforme istituzionali, si scopre che, nonostante l’elezione diretta dei sinda­ci e dei governatori e nonostante i partiti personali dei vari leader locali, il Nord re­sta lontano. Irraggiungibile come la linea dell’orizzonte, come l’ultimo gradino di una scala senza fine. A questo punto l’auto­matismo si ripete. Dopo anni di legislazio­ni speciali, di interventi straordinari, di programmazione negoziata, di fondi euro­pei, e dopo la lunga esperienza del diretti­smo elettorale, di sindaci e di presidenti re­gionali eletti direttamente dal popolo, tor­na implacabile la stessa domanda: come mai il Sud non si è sviluppato abbastanza? Si rispolvera dunque il tema della ingover­nabilità dei meridionali. Ingovernabili, si lascia supporre, perché antropologicamen­te diversi. Ed è così che le classi dirigenti, questa volta non più antiborboniche, ma antidemocristiane e postdemocristiane, tornano ad assolvere se stesse. In questa fa­se, la furia polemica del Nord contro un in­distinto Sud, perennemente arretrato e pri­vo di senso civico, finisce paradossalmen­te per favorirle. «Vedete - è la implicita giu­stificazione delle classi dirigenti - è l’incivil­tà diffusa che ci ha frenato». (...)

È opinione comune che le teorie razzi­ste nascano in ambienti conservatori e re­azionari e che trovino un argine nella cul­tura illuministica e progressista (...) Meno indagato è il rapporto tra l’antimeridiona­lismo e l’essere «di sinistra». Come se, nel passato della sinistra meridionale, non ci fossero zone oscure da illuminare e, nel presente, il pregiudizio antimeridio­nale potesse essere circoscritto al fenome­no delle leghe nordiste, particolarmente esposte per l’antropologismo originario di Gianfranco Miglio, e per l’antieuropei­smo, il localismo, l’autonomismo e la di­chiarata ostilità verso gli extracomunitari clandestini. In realtà, la sinistra ha contri­buito, e non poco, al diffondersi del pre­giudizio antimeridionale. Lo ha fatto, pri­ma, con il suo razzismo esplicito e motiva­to, quello di Niceforo e dei lombrosiani, per intenderci, e, dopo, con il suo settari­smo politico, con il suo antipopolarismo, con il suo elitismo sociale, con il suo anti­plebeismo, con il suo moralismo a senso unico, «divisivo», direbbe Galli della Log­gia. E con i suoi sensi di colpa apocalittici per non aver realizzato il paradiso in terra meridionale. Ma più ancora, e negli anni più vicini a noi, la sinistra ha contribuito al diffondersi del pregiudizio antimeridio­nale governando gran parte del Sud e al­lontanandolo progressivamente, nella re­altà materiale e nella considerazione gene­rale, dal resto del paese. E lasciando in eredità una società molto più omologata e rinunciataria di quella trovata negli anni Novanta, quando c’era una forte opposi­zione politica e culturale. Molti sindaci e governatori di sinistra, esaltati nel loro ruolo carismatico dall’elezione diretta, e tutti presi da una sorta di compulsione a consumare fondi pubblici, sono brusca­mente passati dall’antropogenetica del­l’esordio all’antropologia dell’epilogo: dal­la promessa dell’uomo nuovo, che avreb­be dovuto cambiare il Mezzogiorno, all’uo­mo meridionale che così è se vi pare, per­ché niente e nessuno riuscirà mai a cam­biarlo. (...)

Marco Demarco

I Bassolino's boys: Andrea LOSCO e Andrea Cozzolino.

Andrea Cozzolino ha scelto come slogan per i suoi manifesti "Più Sud e Più lotta alla criminalità", il che fa un po' ridere conoscendo il personaggio. E' l’Assessore alle attività produttive della Regione Campania, braccio destro di Bassolino e ha ricevuto un avviso di garanzia proprio nei giorni della candidatura, con perquisizione in casa sua, perché è sotto inchiesta a proposito della costruzione di una centrale a biomasse in Provincia di Caserta. L’impianto si chiama Biopower. Andrea Losco, invece, è stato governatore della Campania per l’Udeur tra il 99 e il 2000, è stato commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, così brillantemente risolta naturalmente, prima di passare la palla a quell’altro genio di Bassolino. Losco era noto per aver raccomandato ben 14 persone che lavoravano lì dentro. E’ già parlamentare europeo, non più nell’Udeur ma nella Margherita, rutelliano e adesso si ricandida per i Verdi.

19/05/09

Arrestato Bassolino.

Purtroppo, però, è solo un caso di omonimia: il monnezzaro è al di sopra della legge.

(Ansa) Il nome e il cognome non lo hanno salvato. Arrestato e condannato ad ulteriori sei mesi di pena per essere evaso dai domiciliari. Il destino di reclusione è per un giovane che porta un nome e cognome illustri: Antonio Bassolino. Anche lui, come il governatore campano, originario di Afragola. Il giovane, 18 anni, era sottoposto alla misura degli arresti domiciliari da una decina di giorni per il reato di furto. Venerdì scorso si era allontanato dalla propria abitazione del rione Salicelle, per andare a giocare a pallone, rintracciato è stato poi di nuovo sottoposto alla stessa misura. Ieri sera, intorno alle 20 e 30, Bassolino è stato arrestato nuovamente in quanto è stato rintracciato dagli agenti al Corso Meridionale, seduto su un muretto. Verrà giudicato nuovamente con il rito per direttissima

17/05/09

Luigi Cesaro: questo è l'uomo che il PdL ha scelto per la presidenza della provincia di Napoli.

In Campania, per selezionare i candidati, i partiti chiedono pochi requisiti: l'ignoranza, la rozzezza e, possibilmente, la collusione con la camorra. Cesaro è, in questo senso, elemento di sintesi.

Il boss disse: date a Cesaro

di Gianluca Di Feo e Emiliano Fittipaldi

Il re dei rifiuti accusa il coordinatore campano del Pdl: lo vidi incontrare il capoclan. E parla di un patto segreto tra il deputato e i casalesi Una gigantesca zona grigia, dove diventa impossibile distinguere i confini tra camorra, imprenditoria e politica. I verbali di Gaetano Vassallo, l'imprenditore che per vent'anni ha gestito il traffico di rifiuti tossici per conto dei boss casalesi, vanno al cuore del patto criminale che ha avvelenato una regione. Descrivendo accordi inconfessabili che sostiene di avere visto nascere sotto i suoi occhi. Una testimonianza che chiama direttamente in causa i vertici campani di Forza Italia, quelli a cui Silvio Berlusconi ha affidato proprio la pulizia di Napoli. Oltre al sottosegretario Nicola Cosentino, uomo forte del Pdl nella regione, il gran pentito dei rifiuti ha accusato anche il coordinatore del partito, l'onorevole Luigi 'Gigi' Cesaro. Un ex funzionario della Asl di Caserta che si sarebbe conquistato la simpatia personale del Cavaliere bombardandolo con spedizioni settimanali di mozzarella di bufala: 20 chili per volta. "Silvio mi ha detto: ''Gigi, la tua mozzarella la mangio perché so che i tuoi amici la fanno con cura. E non ti farebbero mai un torto'".

Il parlamentare, secondo il collaboratore di giustizia, sarebbe stato "un fiduciario del clan Bidognetti": la famiglia di Francesco Bidognetti, detto 'Cicciotto 'e Mezzanotte', il superboss condannato all'ergastolo in appello nel processo Spartacus e che assieme a Francesco 'Sandokan' Schiavone ha dominato la confederazione casalese.

Vassallo riferisce ai magistrati le rivelazioni di due pezzi da novanta della cosca casertana: "Mi spiegarono che Luigi Cesaro doveva iniziare i lavori presso la Texas di Aversa e che in quell'occasione si era quantificata la mazzetta che il Cesaro doveva pagare al clan. Inoltre gli stessi avevano parlato con il Cesaro per la spartizione degli utili e dei capannoni che si dovevano costruire a Lusciano attraverso la ditta del Cesaro sponsorizzata dal clan Bidognetti".


Frasi di seconda mano? Il collaboratore di giustizia dichiara di essere stato testimone diretto dell'incontro tra il parlamentare e Luigi Guida, detto 'o Drink, che tra il 1999 e il 2003 ha guidato armi alla mano la famiglia Bidognetti per conto del padrino detenuto. "Io mi meravigliai che il Cesaro avesse a che fare con Guida...". Quello che viene descritto è un patto complesso, che coinvolge i referenti di più partiti e i cassieri di più famiglie camorristiche. L'affare è ricco: la riconversione dell'area industriale dismessa dalla Texas Instruments in una zona ottimamente collegata. Una delle storie della disfatta tecnologica del Sud: nonostante l'accordo per il rilancio, nel 1999 lo stabilimento viene venduto a una immobiliare di Bologna e chiuso, con la mobilità per 370 dipendenti. Poi nel 2005 la ditta del fratello di Cesaro ottiene il permesso per costruirvi una nuova struttura industriale. Ma nulla nei piani dei Cesaro assomiglia a una riconversione produttiva. Infatti l'anno scorso parte il tentativo di cambiarne la destinazione, bloccato dalla protesta di opposizione e cittadini. La zona resta inutilizzata ma strategica: tra poco vi sorgerà una fermata del metrò. E dieci giorni fa è stato presentato un altro progetto, che avrebbe forti sponsor in Regione, per farvi nascere negozi e parcheggi.

Ancora più lucrosa sarebbe stata la trasformazione dei poderi di Lusciano, un paesone incastonato tra Caserta e Napoli, in aree industriali, dove poi insediare aziende possedute dai padrini. Un ciclo economico interamente deviato dal potere della criminalità, che deforma il territorio e il tessuto imprenditoriale grazie al controllo assoluto delle amministrazioni locali e alla disponibilità di capitali giganteschi. Tra i protagonisti delle deposizioni anche Nicola Ferraro, businessman dei rifiuti e leader casertano dell'Udeur, tutt'ora consigliere regionale nonostante un arresto e le accuse di vicinanza alla famiglia di 'Sandokan' Schiavone: "Nicola Ferraro era il garante politico economico ed era colui che coordinava l'operazione, mentre il Guida era quello che interveniva al Comune di Lusciano direttamente sul sindaco e sull'ingegnere dell'ufficio tecnico per superare i vari ostacoli. Chiaramente molti terreni agricoli prima di essere inseriti nel nuovo piano regolatore venivano acquistati dal gruppo Bidognetti a basso prezzo dai coloni e intestati a prestanome". Poi il racconto entra nei dettagli: "Il Ferraro aveva il compito di cacciare i soldi per conto del gruppo Bidognetti per liquidare i coloni. Una volta divenuti edificabili, i lotti venivano assegnati a ditte di persone collegate al clan, quali l'azienda di Cesaro, che in cambio dell'assegnazione versava una percentuale al clan".

15/05/09

A Napoli splende Il sol dell'Avvenire.

Oggi il tempo è pessimo, ma alcuni delinquenti hanno pensato al sol dell'avvenire. Un bus di linea è stato dato alle fiamme da quattro o cinque persone incappucciate proprio nei pressi di piazza Carlo III, dove sorge un centro sociale. I teppisti hanno bloccato il mezzo, hanno fatto scendere l’autista e i passeggeri e poi hanno dato fuoco all’autobus.

In un’altra zona, sempre nel centro storico, alcuni cassonetti della spazzatura sono stati rovesciati e dati alle fiamme. Intanto, un corteo di "disoccupati organizzati" si è mosso da piazza Mancini, nella zona della stazione centrale, per recarsi in prefettura a piazza del Plebiscito. La Digos sta cercando di chiarire se la manifestazione dei senza lavoro sia da mettere in relazione con l’incendio del bus e dei cassonetti, ma la logica in questo caso non è opinabile, visto che è stata occupata anche la sede del Pdl di piazza Bovio - che, guarda un po', era di strada per il corteo dei disoccupati - e sono state sequestrate 8 persone.

Infatti, alcuni appartenenti al "Sindacato lavoratori in lotta" sono stati portati in questura. Alcuni giorni fa, chi scrive si è imbattuto in un loro corteo proprio passando nei pressi del Municipio e ha potuto vedere 150-200 persone tutte con la faccia da delinquente che venivano scortate da camionette della polizia e mezzi blindati. Tutto il rettifilo è stato riempito con i loro manifesti dal titolo emblematico di "non conformi alla legge".

Si tratta di terroristi e non andrebbero tollerati ulteriormente, invece la sinistra istituzionale li coccola e li protegge. La sindacessa compra loro sedi con i soldi del contribuente e, intanto, quest'ultimi possono scorazzare liberamente in città. Usque tandem?

Il procuratore Lepore: almeno il 30% dei politici è colluso con la camorra.

Secondo il procuratore della repubblica di Napoli, Giandomenico Lepore, circa il 30%della politica è colluso con la criminalità organizzata. Il capo dei pm napoletani ha snocciolato questo tasso di collusione nel corso di un'intervista a Radiorai, a margine dell’audizione in Commissione parlamentare antimafia, che è riunita a Napoli. Ad una domanda sulla percentuale dei politici campani che potrebbero essere collusi con la camorra il procuratore ha risposto: «Non mi faccia dare cifre, ma secondo me un trenta per cento». Lepore ha anche commentato le dimissioni del sindaco di Castel Volturno, Francesco Nuzz,o che ha lamentato di essere stato lasciato solo contro la camorra. «Non è ancora venuto da noi - ha detto il procuratore - ma avrà i suoi buoni motivi».
(da Il Corriere del Mezzogiorno).

Nota: il Dott. Lepore è notoriamente un inguaribile ottimista...

Insorgere è giusto.

14/05/09

In libreria il nuovo libro di Massimo FINI.

Milano - Massimo Fini ama sparigliare. Giornalista, saggista e polemista. Non pago ha voluto fare anche l’attore. Onnivoro e insaziabile ora si è pure messo a scrivere romanzi. Di fantascienza. Da domani è disponibile nelle librerie Il Dio Thoth, edito per i tipi della Marsilio.

Come le è venuta l’idea di un libro di fantascienza?
Questo è il mio primo romanzo ma in verità la struttura del racconto è molto antecedente. La prima stesura è del 1978 ma era un’opera ancora acerba.

Trent’anni dopo la trama è sempre valida?
Sì ma ho dovuto rimetterci molto le mani e poi certi elementi sono stati ripresi da film come Blade Runner, Matrix o Arancia Meccanica.

Il filone quindi è quello…
Il filone è quello della fantascienza orwelliana e del Mondo Nuovo di Huxley, quindi una realtà forzata ma di poco. Non ci sono né alieni né extraterrestri, per intenderci. La fantascienza siamo noi.

Quindi dalla cronaca del presente a quella del futuro possibile il passo è breve?
Diciamo che l’attualità è quasi fantascienza. Molte cose che nel 1978 sembravano fantascientifiche oggi non lo sono e sono reali. Per esempio il potere della virtualità rispetto alla realtà e l’informazione. In certe cose in questo libro, come in altri, ho precorso i tempi.

Una critica alla modernità e alla tecnologia?
Ce l’ho con certe degenerazioni. C’è gente che vive solo su Facebook e non riesce ad avere rapporti reali. Li capisco, perché nella virtualità non c’è il dolore. Ma anche chiudendosi in questi mondi poi il dolore riappare. Nel mio racconto tutti girano con le cuffie per ascoltare l’Ipod e per sentire le ultime informazioni, ogni istante.

L’informazione, appunto, è il tema principale.
Sì, ma non la buona o la cattiva informazione, l’informazione in quanto tale. Nel mio romanzo tutti lavorano nel mondo dell’informazione e quindi tutti ne fanno parte, contribuiscono a crearla. Le parole e le immagini sono diventate una barriera fra noi e la vita. L’informazione è uno degli strumenti più insidiosi della tecnica.

Fini ma vuole abbandonare la barricata e fare il romanziere? No. Questo libro mi ha permesso di trattare in un altro modo i temi classici della mia produzione. Non scriverò mai romanzi d’amore. Questo è il racconto di un uomo che è su un ramo di un albero e vede mentre lo stanno tagliando.

Nel suo libro il governatore del mondo è anche proprietario dell’unica testata giornalistica esistente. Non sarà mica Berlusconi?
Macchè! Il mio libro ha più a che fare con Eraclito che con Berlusconi. Non è assolutamente il premier, semmai almeno fisicamente somiglia di più a Scalfari. Ma non è nessuno dei due. Non c’è nessuna polemica nel mio libro. C’è solo qua e là qualche richiamo all’attualità. La mia tesi va oltre, io parlo della conoscenza che uccide se stessa.

Sbertuccia la società in generale quindi? Sì, al massimo c’è un discorso del governatore che in retrospettiva prende per il culo i talk show e certa nostra televisione.

Prima di chiudere l'intervista mi coglie un dubbio. Per sicurezza ricordo a Fini che l’articolo uscirà su un giornale on line. Insomma, roba di internet. Moderna. “Io non ce l’ho con la rete ma con l’informazione in generale”. Tiro un sospiro di sollievo ma lui riparte: “Certo quando comanderemo io e il Mullah Omar ti manderemo a lavorare nei campi”. Nei campi no, non sono il tipo, imploro. “Beh, allora ti toccherà fare il guerriero”. E scoppia in una risata. E’ fantascienza ma sembra un incubo.

16 anni di Dittatura Bassolinista.

09/05/09

Afghanistan, gli yankees peggio dei Talebani.

I risultati ufficiali si attendono solo per domani. Ma qualche prima ammissione sulla strage di civili in Afghanistan provocata dai raid Usa è gia arrivata dal Pentagono, magari a mezza bocca. «Sembra che almeno una parte delle vittime sia stata causata dai bombardamenti» Usa, ha detto un anonimo funzionario al New York Times, mentre un altro ha sostenuto che«anche i talebani hanno avuto un ruolo». Anche, non è comunque un'assoluzione.

Un centinaio le vittime nel distretto di Bala Buluk, vicino a Farah, nell’ovest del Paese. Secondo il New York Times e la Cnn un’indagine preliminare delle Forze armate avrebbe già concluso che la responsabilità della carneficina ricade sui bombardamenti americani avvenuti tra lunedì e martedì scorso.

Un portavoce militare non ha voluto confermare le anticipazioni di stampa. «Non c’è dubbio che ci siano state vittime civili», ha dichiarato il colonnello Gergory Julian, «ma l’inchiesta non è stata ancora conclusa ed è inappropriato indicare quale sia stata la causa». È stato affacciato infatti il sospetto che le vittime civili siano state causate dagli stessi talebani, che avrebbero lanciato granate contro donne e bambini per far ricadere la colpa sui militari americani.

Le prime conclusioni di un inchiesta congiunta delle Forze Usa e dei ministeri dell’interno e della difesa afghani americani porterebbero comunque ad un ridimensionamento del numero di vittime civili, che per la polizia afghana erano state circa 70. Gli abitanti dei due villaggi colpiti dai bombardamenti parlano invece di un bilancio di sangue molto più pesante ed hanno stilato una lista di 147 persone uccise. Il vicegovernatore della provincia di Farah, Yunus Rasooli ha precisato che nel villaggio di Geraani si contano 90 morti, 57 in quello di Ganj Abad.

I funzionari del governo afghano hanno aperto una inchiesta e stanno verificando ancora l’identità delle vittime. Se il bilancio venisse confermato, si tratterebbe dell’episodio più grave da quando la coalizione a guida Usa ha iniziato il conflitto contro i talebani, nel 2001. I portavoce dei militari Usa negano che il bilancio possa essere così pesante.

Marcianise, minacce della camorra contro Berlusconi?

(Adnkronos) - Sono apparsi di notte, a poche ore dall'annunciata visita di Silvio Berlusconi a Marcianise, in provincia di Caserta. Sono manifesti senza parole, listati a lutto: al centro sei bare ed una croce. Come Giancarlo Lehner, parlamentare del Pdl, rivela oggi su 'Libero', si tratta di minacce di morte nel tipico stile della camorra. Una delle foto, pubblicate dal quotidiano in prima pagina, mostra uno di questi manifesti affisso proprio davanti alla sede locale del Pdl, che si preparava all'arrivo,annullato all'ultimo momento, del presidente del Consiglio.

Lehner ipotizza che "il mandante vada ricercato nella fauna casertana dell'antiberlusconismo assassino", ricordando le numerose amministrazioni locali disciolte per infiltrazioni camorristiche. I manifesti, scrive ancora il giornale, appaiono di qualita' professionale e pertanto realizzati in serie in tipografia, e non quindi opera di dilettanti.

08/05/09

Napolipark, elogio del voto di scambio.


Il consiglio comunale di Napoli - lo stesso che Napolitano, se avesse applicato quella costituzione che cita con retorica ogni dì, avrebbe dovuto sciogliere - ha bloccato, in seguito alla denuncia di alcuni consiglieri di opposizione, durante la seduta per l'approvazione del bilancio preventivo, 9 assunzioni per la società Napolipark. La maggioranza, preso atto della denuncia per modalità di selezione poco trasparenti, ha cercato così di tappare l'ennesimo scandalo sul nascere e bloccare tutto. La sindacessa, da parte sua, ci ha tenuto a ribadire che - come al solito - non ne sapeva nulla. Si vede che, per lei, la sua unica funzione è sostituire gli assessori "sfrantummati" che, di tanto in tanto, vengono arrestati con l'accusa di corruzione, concussione e legami con la camorra.

Ogni volta che siamo sotto elezioni (rectius, dei plebisciti!), la storia si ripete: si procede con concorsi - possibilmente truccati - per assunzioni pilotate e i voti sono assicurati. Sono 40 anni che a Napoli il consenso elettorale si acquista (nel vero senso della parola) in questi termini.

Non è un caso, infatti, che il PD stia incentrando la sua campagnia elettorale sul lavoro proprio per ricordare ai sudditi con chi bisogna stare per avere le mani in pasta. I manifesti con faccia di Andrea Cozzolino - l'assessore e il braccio destro del signor Bassolino - sono ovunque e con slogan quantomeno stridenti come "più lotta alla criminalità", "più Sud", cioè con messaggi che - se ripetuti da Totò Riina - sarebbero più credibili.

I giudei insultano (di nuovo) il Santo Padre, la Chiesa e i Cattolici.

«Il ragazzo di Roma, l'ex giovane nazista». E' come hanno definito il Papa i conduttori di una trasmissione dell'emittente radiofonica Israel national Radio dei coloni israeliani, che fa capo all'agenzia informativa Arutz Sheva. Attacchi durissimi alla vigilia del pellegrinaggio in Terra Santa di Benedetto XVI. I coloni non vedono di buon occhio il possibile accordo fra Israele e Santa Sede in base al quale alcuni luoghi santi sarebbero ceduti al Vaticano.

Le offese. Tovia Singer e Tamara Yonah, conduttori del programma, definiscono il Papa «il ragazzo di Roma, l'ex giovane nazista», e affermano che viene in Israele da «crociato» per chiedere agli ebrei «di svendere parte della Terra Santa alla sua Chiesa».

«La richiesta di sovranità sui luoghi sacri». «Si legga il libro di Zaccaria o la Genesi - affermano i due conduttori - al posto di Agostino: questa terra è legata a un'Alleanza, non appartiene a Roma. «Pretende di venir qui nei nostri posti più sacri indossando la croce, senza nessun rispetto: vada a farlo alla Mecca».

E ancora: «Deve venire come una persona umile, non come un usurpatore», «speriamo che quando va all'aeroporto di Roma il motore dell'aereo non parta». Quindi vengono fatti riferimenti classici ai capitoli negativi e alle leggende della storia passata della Chiesa, si parla dei crociati che quando arrivarono a Gerusalemme nel 1099 uccisero tutti gli ebrei. E poi vengono ricordati i bambini ebrei rapiti dalla Chiesa anche in Italia; «chissà che qualcuno di loro non diventi Papa». Si ricorda anche il cardinale Jean Louis Lustiger di origine ebraica, ora scomparso del quale si dice: «il convertito: pensate che alcuni ebrei sarebbero persino stati fieri se fosse diventato Papa. Come siamo ridotti».

«Certo, non tutti i cattolici sono cattivi. Ma è un dato di fatto - aggiunge il conduttore Tovia Singer -. Quelli che sono amici di Israele lo sono nonostante la Chiesa di Roma». Quindi nel programma si afferma che «dicono di seguire i comandamenti: il terzo dice di non adorare immagini; perché - allora - le loro Chiese sono piene di statue?».

La posizione del governo. Il testo della trasmissione è stato rilanciato anche dalla rivista "Mondo e missione" che rileva come «la maggior parte degli ebrei non la pensa come Tovia Singer. E il governo di Israele - che pure ha nella sua compagine anche deputati molto vicini ad Arutz Sheva - ha detto con chiarezza che il viaggio del Papa sarà un'occasione importante di dialogo e di pace. Detto questo, però, le voci dei fanatici anche in campo ebraico esistono». Quindi si rileva che anche estremisti islamici in Giordania hanno chiesto al Papa di scusarsi per il discorso di Ratisbona

03/05/09

La Fiat sbarca in America chiudendo Pomigliano.

Günter Verheugen, il commissario UE per l'Industria, non più di una settimana fa, è stato attaccato da tutti i media nazionali per aver espresso tutte le sue perplessità su una azienda che, pur essendo fortemente indebitata, è stata capace di aprire una lunga trattativa con l'Opel e acquisire una quota azionaria molto rilevante di Chrysler. L'osservazione del Commissario non era imprudente, eppure metà Governo si è sperticato nell'elogio di un'azienda che ormai di italiano ha solo il marchio.

Infatti, se in Francia si producono quasi sei milioni di Renault, nelle Italie non si arriva nemmeno alla metà per quanto riguarda la produzione di Fiat. L'azienda di Torino punta alle Italie solo quando deve ricorrere alla CIG straordinaria per gestire crisi pilotate e succhiare i soldi del contribuente, ma - se si tratta di investire - opta sempre per il mercato estero. Tanto è vero che la maggior parte delle autovetture Fiat sono prodotte in Polonia e Brasile, dove cioè il costo del lavoro è molto basso.

Così, mentre la Fiat cresce, i dipendenti vengono messi in mobilità nel disinteresse totale di media, governo e sindacati. Lo stabilimento di Pomigliano D'Arco sta per chiudere lasciando in strada 20.000 persone e, intanto, le c.d. forze sociali elogiano la Fiat. Epifani, per festeggiare il 25 aprile, ha speso 1.500 euro per due notti in un albergo a Milano; cifra con la quale gli operai in cassa integrazione guadagni di Pomigliano vivono quasi 3 mesi. E se è pur vero che da un Governo lombardoromano poco si può pretendere, non si può di certo ulteriolmente tollerare il silenzio-assenso dell'intellighenzia meridionale.