30/10/10

Basta, la secessione la facciamo noi!

“Ma quale Padania! Ma quale Lega! Sono io, il presidente della Regione Siciliana, che dice a voi del Nord: basta così, la secessione la facciamo noi. La Trinacria se ne va, è prontissima ad arraggiarsi da sola“.

Queste parole, infuocate di sicilianismo, sono di Raffaele Lombardo, intervistato da Stefano Lorenzetto per Il Giornale.

E non è ancora niente. Sentite qua. Il giornalista chiede: “La Sicilia che si separa dell’Italia mentre il governo Berlusconi vuole costruirvi il ponte sullo Stretto. Cos’è? Una provocazione?“. E il governatore: “No, dico sul serio. In fin dei conti già nel 1943 la Sicilia vagheggiava di diventare una nazione autonoma e federata degli Stati Uniti d’America. Chiederò al ministro per il Federalismo, Umberto Bossi, che questa secessione la faccia veramente una volta per tutte. Ma in Sicilia. Ci mandi pure al diavolo”.

Ed ancora: “Sono sicuro che, da indipendenti, ce la caveremo meglio che restando sotto la tutela di Roma“.

Interrogato sull’autonomia, Lombardo ha detto: “Le sole entrate fiscali derivanti dalla raffinazione del petrolio negli impianti di Gela, Milazzo, Augusta, Ragusa, Priolo e Melilli ci bastano e avanzano per essere autosufficienti, insieme con altre regioni. Sa quanto incassa di accise lo Stato italiano sulla nostra pelle? Dieci miliardi di euro. Ci lascino quello che è dei siciliani e noi siamo a posto“.

E il federalismo? “Temo che non si realizzerà affatto com’è stato pensato. E allora meglio che ciascuno vada per la propria strada. Scapperanno coloro che trovano più conveniente tirare a campare, lasciare che le cose restino come sono”.

Il governatore, infine, parla anche di storia e dell’Unità d’Italia, di cui, si ricorda, si dovrebbe festeggiare il 150° anniversario: “L’unificazione non è stata un affare né per i veneti né per i siciliani né per nessuno“.

E racconta una vicenda di Grammichele, suo paese d’origine: “C’è una strada intitolata al generale Enrico Cialdini. Per oltre un secolo abbiamo celebrato i genocidi di questo ufficiale savoiardo, poi senatore del Regno d’Italia, responsabile dei massacri di Pontelandolfo e Casalduni, compiuti nel 1861. I liberatori non lasciarono che pietra su pietra, come ordinato da Cialdini: fuciliarono uomini, donne, vecchi, preti e bambini. La sedicenne Concettina Biondi fu legata a un palo da dieci bersaglieri che la violentarono a turno sotto gli occhi del padre contadino. Dopo un’ora svenne. Il soldato piemontese, che la stava stuprando, indispettito, la uccise. Il papà, che cercava di liberarsi per soccorrere la figlia, fu ammazzato anche lui dai bersaglieri. È questo che dovrei celebrare?”

In più: “Quando sarà riscritta la storia d’Italia, si vedrà che una mano al successo della mafia, l’hanno data i garibaldini”. Spiegandoche “Garibaldi portava in Sicilia un regno, la cui capitale era molto lontana. La criminalità organizzata ha bisogno di questo: più distante è il sovrano o il presidente, meglio campa“.

Insomma, il dado è tratto. Lombardo ha varcato il Rubicone.

Scippo al Sud – Indagine su tutti i fondi rubati al Sud dagli Italiani.

Decine di miliardi destinati al Mezzogiorno usati per altri scopi. Dai trasporti sul lago di Garda ai debiti del Campidoglio. E persino per coprire il deficit causato dall’addio all’Ici
Un tesoro da oltre 50 miliardi di euro disponibile solo negli ultimi due anni. Che poteva servire per terminare eterne incompiute come l’autostrada Salerno-Reggio Calabria e che invece è andato a finanziare i trasporti del lago di Garda e i disavanzi delle Ferrovie dello Stato. Una montagna di denaro che avrebbe dovuto rilanciare l’economia del Sud e che è stata utilizzata per risanare gli sperperi e i buchi di bilancio dei comuni di Roma e Catania e per la copertura finanziaria dell’abolizione dell’Ici.


Un fiume di denaro destinato a colmare i ritardi delle zone sottoutilizzate del Paese e che è stato impiegato invece dal governo per pagare le multe delle quote latte degli allevatori settentrionali cari ai leghisti e la privatizzazione della compagnia di navigazione Tirrenia. Sono alcuni brandelli di una storia incredibile, il grande scippo consumato ai danni delle regioni meridionali. La storia delle scorribande sul Fas, il Fondo per le aree sottoutilizzate, manomesso e spremuto negli ultimi anni dal governo Berlusconi per finanziare misure economiche e opere pubbliche che niente hanno a che fare con i suoi obiettivi istituzionali. Un andazzo che, nonostante qualche isolata protesta, è andato sinora avanti indisturbato. Fino alla soglia della provocazione. Come per gli sconti di benzina e gasolio concessi agli automobilisti di Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia e Trentino Alto Adige.

La Corte dei conti ha provato a stoppare lo sperpero lamentandosi apertamente per l’utilizzo dei soldi del Fas che hanno finito per assumere”l’impropria funzione di fondi di riserva diventando uno dei principali strumenti di copertura degli oneri finanziari” connessi alla politica corrente del governo. Ma con scarsi risultati: qualche riga sui giornali, poi il silenzio. Anche Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, ha chiesto al governo di “smetterla di utilizzare i Fas come un Bancomat”. Così come Dario Franceschini al tempo in cui era segretario del Pd: “Ogni volta che è stato necessario finanziare qualcosa, dall’emergenza terremoto alle multe per le quote latte”, ha affermato, “si è fatto ricorso al Fas togliendogli risorse”. Quante per l’esattezza? Cifre precise non ce ne sono. Interpellata, persino la presidenza del Consiglio getta la spugna dichiarandosi incapace di fornire un rendiconto dettagliato delle spese fatte con i fondi Fas. Secondo una stima de ‘L’espresso’ però i soldi impropriamente sottratti al Sud solo negli ultimi due anni sono circa 37 miliardi. Una cifra ragguardevole confermata dal senatore democratico Giovanni Legnini: “Siamo di fronte ad una dissipazione vergognosa che certifica come il Pdl stia tradendo il Sud”. Giudizio condiviso persino da Giovanni Pistorio, senatore siciliano dell’Mpa, il Movimento politico per le autonomie, parte organica della maggioranza di centrodestra: “Gli impegni verso il Mezzogiorno erano al quinto punto del programma elettorale del Pdl, il governo li ha completamente disattesi”.

Quante promesse
E già, chi non ricorda le sparate a favore del Meridione con le quali il Cavaliere giurava che stava “lavorando con tutti i ministri per mettere a punto un piano innovativo per il Sud, la cui modernizzazione e il cui sviluppo ci stanno da sempre a cuore”? O quelle del sottosegretario Gianfranco Micciché che, sebbene da quasi dieci anni come viceministro o sottosegretario gestisca i fondi per il Meridione, più volte ha minacciato la fondazione di un partito del Sud se Berlusconi non avesse “sbloccato i fondi Fas e reso i parlamentari meridionali protagonisti della elaborazione delle strategie”? Parole al vento.

La storia del Fas e dei suoi maneggiamenti comincia nel 2003 con il secondo governo Berlusconi quando tutte le risorse destinate alle aree sottoutilizzate vengono concentrate e messe sotto il cappello del ministero per lo Sviluppo economico. Il compito di ripartire le risorse viene invece affidato al Cipe con il vincolo di destinarne l’85 per cento al Sud e il 15 al Centro e al Nord. Intenti lodevoli, ma si parte subito con il piede sbagliato. Nel solco della peggiore tradizione della Cassa per il Mezzogiorno, i fondi finiscono per essere in gran parte utilizzati per quella politica delle mance tanto cara ai ras locali di tutti i partiti e alle loro fameliche clientele. Il 2003 è un anno destinato a rimanere negli annali degli sperperi. A colpi di milioni di euro si realizzano fondamentali infrastrutture come il museo del cervo a Castelnuovo Volturno e quello dei Misteri a Campobasso; il visitor center a Scapoli; si valorizza la palazzina Liberty di Venafro; si implementa il sito Web della Regione Molise; si restaurano conventi, chiese e cappelle a decine come a Montelongo, Castropignano e Gambatesa; si acquistano teatri come a Guglionesi; si consolida il santuario di Montenero di Bisacce. Per carità, si fanno pure le reti fognarie nei paesi e strade interpoderali sempre utili alle popolazioni; si recuperano siti turistici e pure aree naturalistiche, ma a fare epoca sono sicuramente il fiume di regalie come quelle legate al recupero e la valorizzazione della collezione Brunetti e agli studi sulle valenze naturalistiche dell’aerea di Oratino, al museo ornitologico di Montorio dei Frentani, per non parlare della realizzazione dell’enoteca regionale del Molise.

Progetti inutili
Insomma, una insaziabile vocazione a spendere. Che continua a prosciugare il Fas anche negli anni successivi, pure quando a Palazzo Chigi torna Prodi. Tra il 2006 e 2007, accanto a tanti impeccabili interventi per il Sud, come il finanziamento ai programmi per l’autoimprenditorialità e autoimpiego gestiti da Sviluppo Italia (90 milioni) o agli interventi per il risanamento delle zone di Sarno e Priolo, appaiono una miriade di contributi a progetti che con il Sud hanno poco a che vedere: 180 milioni vanno per esempio al progetto ‘Valle del Po’; 268 al ministero dell’Università per i distretti tecnologici; 119 al ministero per le Riforme per l’attuazione di programmi nazionali in materia di società dell’informazione; altri 36 milioni al ministero dell’Ambiente per finanziare tra l’altro il ‘Progetto cartografico’. E non è finita: un milione finisce al ministero per le Politiche giovanili e le attività sportive per vaghe attività di assistenza; un altro milione al Consorzio nazionale per la valorizzazione delle risorse e dei prodotti forestali con sede in Frontone nella meridionalissima provincia di Pesaro e Urbino; 4 milioni al completamento dei lavori di ristrutturazione di Villa Raffo a Palermo, sede per le attività di alta formazione europea; 2 milioni alla regione Campania per la realizzazione del museo archeologico nel complesso della Reggia di Quisisana; 20 milioni al Cnipa per l’iniziativa telematica ‘competenza in cambio di esperienza: i giovani sanno navigare, gli anziani sanno dove andare’; quasi 4 al ministero degli Esteri per il sostegno delle ‘relazioni dei territori regionali con la Cina’.

Sarebbe già abbastanza per gridare allo scandalo. Ma non è finita: da conteggiare ci sono pure i trasferimenti di risorse Fas ai vari ministeri e che si sono tradotti tra l’altro in uscite di 25 milioni a favore della presidenza del Consiglio per coprire le spese della rilevazione informatizzata delle elezioni 2006; 12 per finanziare le attività di ricerca e formazione degli Istituti di studi storici e filosofici di Napoli; 5 milioni al comando dei carabinieri per la tutela ambientale Regione siciliana per interventi di bonifica; 52 per coprire i crediti di imposta di chi utilizza agevolazioni per investimenti in campagne pubblicitarie locali; 106 milioni per l’acquisto di un sistema di telecomunicazione in standard Tetra per le forze di polizia. E vai a capire perché.

Cavaliere all’attacco
Insomma, un autentico pozzo senza fondo al quale si attinge per le esigenze più disparate rendendo vane le richieste di un disegno organico per il rilancio dell’economia meridionale. Sarà anche per questo che tra il 2007 e il 2008 arriva una mezza rivoluzione per il Fas. L’intento sembra quello di fare ordine e voltare pagina, in concreto si gettano le premesse per l’ultimo grande scippo. Cominciamo dai soldi. Il governo Prodi riprogramma le risorse per il Meridione e con la Finanziaria 2007 stanzia a carico del Fas 64 miliardi 379 milioni, un autentico tesoro. Con tanti soldi a disposizione e l’esperienza negativa dei decenni di intervento straordinario a favore del Mezzogiorno, sembra l’inizio di una nuova era: il Sud deve solo pensare a spendere con raziocinio. Invece all’inizio del 2008 esce di scena Prodi e rientra in gioco Berlusconi. Che, per coprire le spese dei pochi interventi di politica economica che riesce a varare, ricomincia a saccheggiare proprio il Fas, una delle poche voci di bilancio davvero carica di soldi. Non è un caso perciò se a fine 2008 il Fondo si vede sottrarre altri 12 miliardi 963 milioni per finanziare una serie di provvedimenti tra cui quelli che foraggiano le aziende viticole siciliane carissime al sottosegretario Micciché (150 milioni); l’acquisto di velivoli antincendio (altri 150); la viabilità di Sicilia e Calabria (1 miliardo) e la proroga della rottamazione dei frigoriferi (935 milioni); l’emergenza rifiuti in Campania (450); i disavanzi dei comuni di Roma (500) e Catania (140); la copertura degli oneri del servizio sanitario (1 miliardo 309 milioni); le agevolazioni per i terremotati di Umbria e Marche (55 milioni) e perfino la copertura degli oneri per l’assunzione dei ricercatori universitari (63).

Tagli dolorosi
E siamo solo all’assaggio. Un altro taglio da un miliardo e mezzo arriva per una serie di spese tra cui quelle per il G8 in Sardegna (100 milioni) marchiato dagli scandali; per l’alluvione in Piemonte e Valle d’Aosta (50 milioni); la copertura degli oneri del decreto anticrisi 2008 e gli accantonamenti della legge finanziaria; gli interventi per la banda larga e per il finanziamento dell’abolizione dell’Ici (50 milioni).

Il secondo elemento della ‘rivoluzione’ del 2008 è costituito dalla trovata di Berlusconi e Tremonti di riprogrammare e concentrare le risorse del Fas (ridotto nel frattempo a 52 miliardi 400 milioni) su obiettivi considerati “prioritari per il rilancio dell’economia nazionale”. Come? Anzitutto, attraverso la suddivisione dei soldi tra amministrazioni centrali (25 miliardi 409 milioni) e Regioni (27 miliardi). Poi con la costituzione di tre fondi settoriali: uno per l’occupazione e la formazione; un altro a sostegno dell’economia reale istituito presso la presidenza del Consiglio; un terzo denominato Infrastrutture e che dovrebbe curare il potenziamento della rete infrastrutturale a livello nazionale, comprese le reti di telecomunicazioni e energetiche, la messa in sicurezza delle scuole, le infrastrutture museali, archeologiche e carcerarie. Denominazioni pompose ma che in realtà nascondono un unico disegno: dare il via al saccheggio finale.

Al Fondo per l’occupazione e la formazione vengono per esempio assegnati 4 miliardi che trovano i primi impieghi per finanziare la cassa integrazione e i programmi di formazione per i lavoratori destinatari di ammortizzatori sociali. Quanto al fondo per il sostegno all’economia reale finanziato con 9 miliardi va a coprire le uscite per il termovalorizzatore di Acerra (355 milioni); gli altri sperperi per il G8 alla Maddalena (50), mentre 80 milioni se ne vanno ancora per la rete Tetra delle forze di polizia in Sardegna; un miliardo per il finanziamento del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese; 400 milioni per incrementare il fondo ‘conti dormienti’ destinato all’indennizzo dei risparmiatori vittime delle frodi finanziarie; circa 4 miliardi per il terremoto in Abruzzo; 150 milioni per gli interventi dell’Istituto di sviluppo agroalimentare amministrato dal leghista Nicola Cecconato; 50 milioni per gli interventi nelle zone franche urbane; 100 per interventi di risanamento ambientale; 220 di contributo alla fondazione siciliana Rimed per la ricerca biotecnologica e biomedica.

Senza fondo
Ma la vera sagra della dissipazione si consuma all’interno del fondo Infrastrutture (12 miliardi 356 milioni di dotazione iniziale) dove il Sud vede poco o niente. Le sue dotazioni se ne vanno per mille rivoli a coprire i più svariati provvedimenti governativi: 900 milioni per l’adeguamento dei prezzi del materiale da costruzione (cemento e ferro) necessario per riequilibrare i rapporti contrattuali tra stazioni appaltanti e imprese esecutrici dopo i pesanti aumenti dei costi; 390 per la privatizzazione della società Tirrenia; 960 per finanziare gli investimenti del gruppo Ferrovie dello Stato; un altro miliardo 440 milioni per i contratti di servizio di Trenitalia; 15 milioni per gli interventi in favore delle fiere di Bari, Verona, Foggia, Padova.
Ancora: 330 milioni vanno a garantire la media-lunga percorrenza di Trenitalia; 200 l’edilizia carceraria (penitenziari in Emilia Romagna, Veneto e Liguria) e per mettere in sicurezza quella scolastica; 12 milioni al trasporto nei laghi Maggiore, Garda e Como. Pesano poi sul fondo Infrastrutture l’alta velocità Milano-Verona e Milano-Genova; la metro di Bologna; il tunnel del Frejus e la Pedemontana Lecco-Bergamo. E poi le opere dell’Expo 2015 che comprendono il prolungamento di due linee della metropolitana milanese per 451 milioni; i 58 milioni della linea C di quella di Roma; i 50 per la laguna di Venezia; l’adeguamento degli edifici dei carabinieri di Parma (5); quello dei sistemi metropolitani di Parma, Brescia, Bologna e Torino (110); la metrotranvia di Bologna (54 milioni); 408 milioni per la ricostruzione all’Aquila; un miliardo 300 milioni a favore della società Stretto di Messina. E non per le spese di costruzione della grande opera più discussa degli ultimi 20 anni, ma solo per consentire alla società di cominciare a funzionare.

27/10/10

Da Terzigno con furore.

I colonialisti italiani vogliono realizzare a Terzigno la più grande discarica del mondo per smaltire anche i rifiuti tossici provenienti dal Nord, Veneto in particolare.

I tg asserviti, però, naturalmente questo si guardano bene dal farcelo sapere: è meglio dire che gli abitanti di Terzigno sono tutti dei banditi che rifiutano la legge.

Del resto, mi pare, anche in passato chiamarono briganti i nostri patrioti.


Per questo, alle chiacchiere dei colonialisti, preferiamo i dati:

FRA IL 2001 ED IL 2006 OGNI ANNO LO STATO HA DATO 574 MILIONI DI EURO AL NORD PER LA RARACCOLTA DEI RIFIUTI URBANI E 138 AL SUD"

Rapporto annuale del dps 2007 tav II p.84

Fateglielo sapere a quella cretina di STEFANIA PRESTIGIACOMO, ministro solo per meriti estetici.

26/10/10

A noi ci piace.



BOSCOREALE - TERZIGNO, il popolo brucia bandiera italiana.

Il governo può insultare il SUD.

Bossi, per aver definito porci i romani, ha suscitato le reazioni mediatiche di Alemanno che, per ricucire lo strappo, ha organizzato una pagliacciata all'amatriciana come "il pranzo della pace" con i celti.

Quando, invece, però, gli stessi leghisti o, peggio, altri ministri del PdL hanno insultato il Sud, nessuno ha detto nulla.

Gli insulti della maestrina Gelmini, del nano malefico Brunetta ("Il Sud è un cancro"), del ragionier Tremonti piuttosto che degli amici della natura Zaia, Galan, Borghezio, Maroni, Cota o Calderoli, Brambilla o Bossi evidentemente non meritano "pranzi della pace".

Forse pechè si sono già pappati tutto a Roma.

Lunga vita a SADDAM!

Il cristiano Tareq Aziz - ex vice di Saddam - è stato condannato a morte dagli occupanti per aver fermato l'avanzata dell'islamismo sciita in Iraq.

Le stesse cornacchie che un giorno sì e l'altro pure starnazzano sui loro blogs contro l'oscurantismo dell'Iran, ci scommettiamo, ora avalleranno anche questo atto criminale.

Per scrivere su un blog non è richiesto un cervello.

15/10/10

Italiani, razziatori e bastardi: arredi della Reggia di Caserta di quella di Portici venduti all'asta!

CASERTA - Alcuni arredi della Reggia di Caserta sarebbero stati venduti all’asta tra il 2002 ed il 2007 dalle case internazionali Christiès e Sotheby’s. È la denuncia di un collezionista e cultore di storia napoletano, Luigi Andreozzi, che ha individuato gli oggetti venduti - vasi in porcellana, piatti, e mobilia - nei cataloghi d’arte venduti dalle librerie antiquarie. Le aste nelle quali sarebbero stati venduti gli oggetti si sono svolte a Milano nel novembre 2002 e nel dicembre 2006 ed a Londra nel marzo 2007. «Le porcellane - afferma il collezionista - appartengono, come indicano le stesse didascalie dei cataloghi delle case d’ aste alla Real Fabbrica Ferdinandea (1771-1806) e come gli altri arredi erano destinati alla Reggia di Caserta. Parte degli oggetti venduti - secondo quanto riportato dai cataloghi - sarebbero appartenuti ad un collezionista di Milano». «Non ci sono in circolazione solo oggetti provenienti da Caserta -aggiunge il dottor Andreozzi - ma anche dalla Reggia di Portici, che negli anni è stata spogliata. Non si può continuare ad assistere a questo scempio, con il nostro patrimonio artistico che viene depredato e venduto all’asta».

12/10/10

Dal Borbone a Chavez, una visione del mondo diversa (NANDO DICè)

Quando i primati del sud ed il loro “genio creativo” non possono essere cancellati, gli storici italiani li “adulterano” ad uso e consumo degli interessi del nord. Caso eclatante è la ferrovia Napoli-Portici, prima ferrovia d’Italia, frutto di una predisposizione all’industria pesante che il sud aveva e che il nord distrusse. Se, come disse l’avvocato Gianni Agnelli, il ‘900 fu il secolo dei trasporti, era impossibile nascondere la notizia che il primo treno d’Italia non attraversò la pianura padana bensì il litorale di Napoli. Non potendo nascondere questo “smacco” alla loro superiorità, gli Italiuniti hanno deformato l’interpretazione. Alcuni storici spacciano la “Napoli-Portici” non per quello che era, cioè solo il tratto iniziale della linea prevista sino a Taranto in previsione dell’apertura del canale di Suez, ma come un semplice passatempo dei Borbone per raggiungere la reggia di Portici. Si, avete capito bene: la messa in esercizio del primo treno d’Italia non viene inquadrata nell’ottica del pieno sviluppo tecnologico del popolo meridionale. Il ricordo di quell’evento non viene susseguito dall’elencazione delle fabbriche di proprietà meridionale da cui usciva metallurgia pesante invidiata in tutto il mondo. Quel treno non è figlio moderno dei meridionali progrediti e ricchi ma, come cercano in tutti i modi di spiegarci, di uno sfizio da nobili annoiati, giusto per creare un suggestivo contrasto con noi poveri meridionali che invece siamo sempre in cerca del tozzo di pane.



Quest’opinione tende subdolamente a dimostrare che la classe dirigente dei meridionali dell’epoca in realtà non avesse alcuna progettualità e che quindi hanno fatto bene i Savoia a sostituirla. Questa bugia, allo stesso tempo, serve a convincerci che quella linea ferroviaria non era nostra, del popolo meridionale per intenderci, ma del solo inutile Borbone. Il perché di questa volontaria “adulterazione” da parte della classe dirigente italiunita, sta nel fatto che se ci convincono che non avevamo nulla, nulla sono tenuti a darci e che le briciole rispetto al nulla sono già abbastanza. Convincendoci, insomma, che non abbiamo un passato non sono tenuti a garantirci un futuro. Infatti, convinti i meridionali che i treni non erano “cosa loro”, che la Napoli-Portici fosse in realtà un trenino da parco giochi e che “normalmente” i meridionali non sapessero neppure cosa fosse la tecnologia ferroviaria o l’industria metalmeccanica, oggi sono giustificati a costringere gli italiani di Palermo che vogliono andare a Siracusa ad impiegare tre volte il tempo che quelli di Milano impiegano per andare a Roma ed a fargli sembrare “normale” questa assurdità. Il continuo affannarsi “storico” nel ripetere che dopo il primo tratto ferroviario il Piemonte surclassò per quantità di Km di strada ferrata il Regno delle Due Sicilie viene spacciato per progresso. Ovviamente non ci raccontano dell’indebitamento che il Piemonte contrasse con le banche e gli altissimi prezzi, finanziari e umani, pagati in termini di sovranità popolare dal popolo piemontese, non più libero delle proprie decisioni politiche. Nascondere l’indebitamento, per gli storici liberali, è normale, in quanto è normale per i liberali campare di debiti o, meglio, sui debiti altrui. Questo astio nei confronti dei Borbone è giustificato dal fatto che essi rifiutarono categoricamente i piani finanziari e i prestiti vincolanti a poteri bancari a loro indipendenti: non avevano nessuna intenzione di assoggettare il proprio popolo ai voleri delle nascenti e plebee oligarchie finanziarie, fossero anche finanziarie napoletane (solo nel 1857 si aprì una filiale del banco di Napoli a Bari). La comprensione che nulla potesse essere contro o anche al di fuori dal “progresso” perché quel progresso li avrebbe spazzati via non sfiorò i Borbone. Infatti non presero provvedimenti, convinti di essere su un’isola impermeabile fra “l’acqua santa e l’acqua e’mare”. Per questo gli stati democratici dominati dall’alta finanza vennero a “liberare” i meridionali attraverso la guerra “preventiva” chiamata risorgimento di cui i Borbone si resero conto troppo tardi. Quel risorgimento venne a spazzar via uno stato “arretrato” dove sin dal 1815 si pagavano solo 5 tasse[1] e lo sostituì con il “progresso” di ben 24 tasse importate dal Piemonte e l’invenzione di altre 15[2] fra cui la tassa di successione (una pura invenzione dei Savoia). Tenendo conto che da subito i piemontesi abolirono gli usi civici ed applicarono la concezione di proprietà privata di stampo moderno (prima il concetto di proprietà era paragonabile più al concetto che oggi abbiamo del possesso) i Savoia tartassarono “modernamente” la classe contadina meridionale che “moderna” non era, non voleva esserlo, né aveva chiesto di esserlo. Francesco Saverio Nitti[3] e Angelo Manna ci fanno sapere che, prima dell'unità, al sud si pagavano 14 lire l'anno di tasse a testa, dopo l'unità 32. Un bel “progresso”, che nei primi 2 anni di Unità fece aumentare il carico fiscale al sud del 40%, e nei successivi tre, dell’85%[4]. Il concetto di proprietà moderno introdotto al sud con i Savoia ha nel tempo capovolto la gerarchia dei valori: è “il privato” e non più il “pubblico” a diventare prioritario. A questo il Borbone, da buon cristiano. si opponeva ferocemente e per questo venne accusato di essere “anti-moderno”.

L’anti modernità borbonica in realtà era solo una “modernità” diversa e soprattutto non giacobina, che lo poneva a considerare “la proprietà privata come mezzo delle necessità sociali”. I convinti sostenitori della modernità a quasi 150 anni di distanza si ritrovano a fare i conti con “l’odiato n°1 in ispano-america da parte dei liberisti” Chavez, che come slogan nel 2004 urlava con orgoglio “…la proprietà privata deve tenere conto delle necessità sociali”. Hanno potuto trasformare i Borbone, non potranno mai fermare quello che i Borbone rappresentavano.



[1]La fondiaria, l'indiretta (tabacchi, dogana, carte da giuoco, polvere da caccia e sale), la tassa di registro e di bollo, la bonafficiata e le poste. Per alcuni periodi (per esempio dopo la parentesi austriaca) furono decretate altre tasse ma a tempo determinato. La Sicilia aveva un regime fiscale ancora meno oneroso.

[2]Imposta personale,Tassa sulle successioni,Tassa sulle donazioni, mutui e doti; sull’emancipazione ed adozione,Tassa sulle pensioni,Tassa sanitaria,Tassa sulle fabbriche,Tassa sull’industria,Tassa sulle società industriali,Tassa per pesi e misure,Diritto d’insinuazione,Diritto di esportazione sulla paglia, fieno, ed avena,Sul consumo delle carni, pelli, acquavite e birra,Tassa sulle mani morte,Tassa per la caccia.Tassa sulle vetture.

[3] F.S.Nitti, Il Bilancio dello Stato dal 1862 al 1897, Napolo, 1900,

[4] Roberto Maria Selvaggi: Il Tempo dei Borbone. EdR edizioni, pag, 71

11/10/10

Il Papa: le false divinità distruggono il mondo

Il «sangue dei martiri trasforma il mondo», allora come oggi e questa trasformazione «si realizza in modi sempre nuovi, anche in questo momento, in cui Cristo, l'unico Figlio di Dio, deve nascere per il mondo con la caduta degli dei, con il dolore, il martirio dei testimoni». Lo ha detto oggi Benedetto XVI nella sua meditazione, a braccio, in apertura della prima giornata di lavori del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente.

Il Papa ha poi puntato l’indice contro «il potere delle ideologie terroristiche». «Apparentemente in nome di Dio viene fatta violenza, ma non è Dio: sono false divinità, che devono essere smascherate, che non sono Dio. E poi la droga, questo potere che, come una bestia vorace, stende le sue mani su tutte le parti della terra e distrugge: è una divinità, ma una divinità falsa, che deve cadere. O anche il modo di vivere propagato dall'opinione pubblica: oggi si fa così, il matrimonio non conta più, la castità non è più una virtù, e così via». Queste ideologie che dominano, ha proseguito il Pontefice, «sono divinità. E nel dolore dei santi, nel dolore dei credenti, della Madre Chiesa della quale noi siamo parte, devono cadere perché si compia quanto scrive san Paolo nelle le Lettere ai Colossesi e agli Efesini: le dominazioni, i poteri cadono e diventano sudditi dell'unico Signore Gesù Cristo». Perché ciò accada, ha concluso Benedetto XVI, le fondamenta interiori, morali e religiose, non devono vacillare: «La fede è il fondamento, e, in definitiva, le fondamenta della terra non possono vacillare se rimane ferma la fede, la vera saggezza».

LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA DI DOMENICA
L’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, sul tema “La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza”, «dimostra l’interesse dell’intera Chiesa per la preziosa e amata porzione del Popolo di Dio che vive in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente». Lo ha detto, ieri mattina, Benedetto XVI, nella celebrazione eucaristica nella basilica vaticana in occasione dell’apertura del Sinodo. Hanno concelebrato con il Papa 177 padri sinodali e 69 presbiteri collaboratori del Sinodo a vario titolo. “Anzitutto – ha affermato il Santo Padre - eleviamo il nostro ringraziamento al Signore della storia, perché ha permesso che, nonostante vicende spesso difficili e tormentate, il Medio Oriente vedesse sempre, dai tempi di Gesù fino ad oggi, la continuità della presenza dei cristiani”, “nella varietà di tradizioni liturgiche, spirituali, culturali e disciplinari delle sei venerande Chiese orientali cattoliche sui iuris, come pure nella tradizione latina”.

Il “Medio Oriente”, nella prospettiva di Dio, ha proseguito Benedetto XVI, “è la terra di Abramo, di Isacco e di Giacobbe; la terra dell’esodo e del ritorno dall’esilio; la terra del tempio e dei profeti; la terra in cui il Figlio Unigenito è nato da Maria, dove ha vissuto, è morto ed è risorto; la culla della Chiesa, costituita per portare il Vangelo di Cristo sino ai confini del mondo. E noi pure, come credenti, guardiamo al Medio Oriente con questo sguardo, nella prospettiva della storia della salvezza”. Dunque, “guardare quella parte del mondo nella prospettiva di Dio significa riconoscere in essa la ‘culla’ di un disegno universale di salvezza nell’amore, un mistero di comunione che si attua nella libertà e perciò chiede agli uomini una risposta. Abramo, i profeti, la Vergine Maria sono i protagonisti di questa risposta, che però ha il suo compimento in Gesù Cristo”.

03/10/10

La Lega ai gondolieri: vietato cantare O' Sole mio!

Quando il giornalista Giovanni Capurro nel 1898 scrisse i versi della canzone 'O sole mio, affidandone la composizione musicale a Eduardo Di Capua, il cui padre era un valente violinista, mai avrebbe immaginato il successo mondiale che nel tempo avrebbe raggiunto. Tutt'oggi essa viene ritenuta una delle canzoni più famose di tutti i tempi, spesso cantata anche dai gondolieri di Venezia per allietare i turisti che in questa straordinaria città italiana accorrono da ogni parte del mondo. C'è chi però, su tale rito, vorrebbe chiudere il sipario: 'O sole mio potrebbe così essere relegata negli angoli più remoti della memoria a tener compagnia ai noti versi di Giovanni Pascoli (I canti di Castelvecchio): "Cantavano come non sanno/ cantare i sogni del cuore/ che cantano forte e non fanno/ rumore".
Gli ideatori di questa ultima trovata sono alcuni leghisti veneti secondo i quali "O sole mio è frutto di una scarsa cultura e di poca attenzione per l'identità veneta, in quanto l'esercizio del suo canto va a penalizzare la qualità dell'offerta turistica, fornendo un'immagine distorta della città di Venezia. Tra questi pittoreschi personaggi si distingue Alberto Mazzonetto, consigliere comunale della Lega Nord, che giura sul fatto, estremamante grave, che il repertorio dei gondolieri è ben poco veneziano e in gran parte meridionale. C'è da credergli e da porsi questa domanda: "Può continuare in terra padana quest'egemonia musicale 'straniera' con tutto quel pò pò di canzoni venete che meritano il successo mondiale, come, per esempio, Ninetta monta in gondola?".
Secondo questo rappresentante del Carroccio a Ca' Farsetti la colpa di questa grave stortura non è dei gondolieri bensì di chi ha diretto in questi anni l'Ente Gondola, sostenuto dal comune di Venezia con 600mila euro all'anno. Un organismo dal grande potere, potendo sanzionare i gondolieri se, per esempio, indossano scarpe da tennis, cosa proibita, e che non è mai intervenuto per cambiare il repertorio musicale dei gondolieri.


A difendere la famosa canzone napoletana di cui scriviamo, per fortuna è intervenuto Nino D'Angelo, secondo il quale la canzone napoletana è mondiale e non regionale: "O sole mio è una canzone nota e piace al mondo intero. Credo che nessuno abbia imposto ai gondolieri di cantarla, ma è talmente bella... e credo che venga richiesta dagli stessi clienti che salgono sulla gondola, stranieri o italiani che siano. 'O sole mio' non è solo una canzone napoletana, ma è un inno del mondo. Tutti conoscono e cantano questa canzone, una delle più belle al mondo. La conoscono anche negli Stati Uniti, in Giappone".
Il presidente della nuova Associazione Culturale Musicale 'Note Veneziane', Michele Bozzato, ex gondoliere e oggi cantante, intanto pensa che sia auspicabile voler puntare ad un recupero della tradizione, proponendo maggiormente la canzone veneziana, anche se piano piano, col tempo.
Bisogna, insomma, educare l'ascoltatore al tono veneziano. E, soprattutto, ai tromboni leghisti. Aldo Miccichè

02/10/10

Adriana Poli Bortone non dà la fiducia a Berlusconi.

Signora Presidente, in primis dico al Presidente del Consiglio, che non riesce a individuarmi, che non mi trovo a sinistra. Io sono sempre dalla stessa parte, perché non ho tradito nulla delle mie origini e della mia cultura politica, qualsiasi cosa dicano altri. (Applausi dal Gruppo FLI).

Io non ho tradito nulla. La questione meridionale era nel mio DNA e continua ad essere nel mio DNA.

Le assicuro che io sono qui, signor Presidente del Consiglio, non con imbarazzo, ma con rammarico, perché devo votarle contro. E glielo dico sinceramente, onestamente, con quel senso di libertà che lei invoca e al quale ci richiama continuamente. Con grande libertà, le dico di aver fatto bene negli anni scorsi quando, dal 1994 in poi, lei mi ha fatto fare quella splendida esperienza, della quale le sono grata, signor Presidente del Consiglio, ben sapendo che la gratitudine non appartiene a tutti noi.
Io le sono grata per quanto lei mi ha fatto vivere nel 1994 in termini di esperienza. È stata un'esperienza splendida, in un periodo nel quale noi dovevamo cambiare l'Italia, perché eravamo tutti animati dal desiderio di cambiare e di modernizzare l'Italia. Eravamo presi da questo grande pathos della politica. Il mondo era davanti a noi. Potevamo cambiare le cose ma poi la Lega Nord, che sostiene di essere stata coerente, non ce lo consentì. Quindi, quel Governo cadde e vi fu qualche intoppo nel nostro percorso.

Io ho creduto per tanti anni in quanto ci eravamo detti. Ho creduto al patto sottoscritto con gli elettori. Ci ho creduto ancora nel 2008, quando mi avete concesso l'onore di di essere il capolista della lista, e non del partito, perché allora eravamo una lista con la nostra individualità.

Io appartenevo ad Alleanza nazionale, altri a Forza Italia, altri ad altri soggetti politici. Eravamo tutti nella stessa lista e avevamo tutti sottoscritto lo stesso programma. Io lo ho qui, signor Presidente del Consiglio, quel programma, dove era citato il Sud, era riportato l'Obiettivo 5, era scritto che noi volevamo un'Italia che finalmente superasse, attraverso un impegno straordinario, il drammatico divario fra Nord e Sud.

Riprendo ora quanto ricordato dal collega Bubbico, che cito non perché sia di sinistra, ma perché è un collega, e per me i colleghi sono tutti uguali. Ebbene, il collega Bubbico ha ricordato che, nell'ambito dei FAS, ci sono stati sottratti non 21, ma 27 milardi di euro! Vede, non è un problema di contabilità, che è un elemento arido, ma un problema di di rapporti, un problema di correttezza, un problema di patti da noi sottoscritti con l'Europa, con le Regioni e come Governo nazionale.

Non abbiamo inventato noi i Fondi per le aree sottoutilizzatoe! Al Mezzogiorno d'Italia non regala niente nessuno! Noi abbiamo la disgrazia di essere ancora area sottoutilizzata! Abbiamo la disgrazia di essere ancora zona dell'obiettivo 1. E il Governo non ci regala niente quando va a contrattare in Europa il quadro di sostegno nazionale che, intanto viene sottoscritto, in quanto il nostro Governo, giallo, nero bianco o rosso che sia, sottoscrive un patto con l'Europa e chiede quanto concede l'Europa per le aree sottoutilizzate.

Quanto, io Governo, posso mettere come politiche di coesione? Non è un fatto contabile, è un problema di cultura politica: vogliamo fare o non vogliamo fare una politica di coesione? Vogliamo fare o non vogliamo fare che le aree più povere diventino non ricche, ma uguali alle altre aree del territorio nazionale?

Presidente, siamo meridionali felici di esserlo, ma siamo italiani: siamo italiani esattamente uguali a tutti quanti gli altri. E non ci si venga a dire che il Governo dal 2008 in poi ha fatto politica per il Mezzogiorno d'Italia. Non so chi le fa i conti, Presidente. Lei sa che le voglio bene e che la stimo sinceramente e che questi miei sentimenti nei suoi riguardi non cambieranno mai, ma una cosa sono i sentimenti, altra cosa è il giudizio politico. Non so chi le fa i conti, non so chi le fa dire certe cose.

L'altro ieri, in Commissione trasporti, siamo stati vergognosamente chiamati in ritardo per andare a trattare tre delibere CIPE. Gliele leggo, Presidente: la delibera n. 83 - è scritto negli atti, non me lo sono inventato - «Provvede a ridurre l'ammontare di risorse destinate nel triennio ad alcuni interventi nel Mezzogiorno». Essa prevede riduzioni, per il completamento dell'asse autostradale Salerno-Reggio Calabria, macrolotto 3, parte 4, di 145 milioni; per l'asse autostradale Salerno-Reggio Calabria, galleria Fossino e Laino Borgo, di 33 milioni; per la Strada Statale 106 «Ionica», megalotto 3, primo stralcio, di 263 milioni; per la metropolitana di Napoli, linea 6, di 35 milioni; per gli schemi idrici del Mezzogiorno di 60 milioni; per opere minori e interventi finalizzati al supporto dei servizi di trasporto, di 363 milioni.

La delibera n. 103 prevede che, in base al quadro aggiornato, l'ammontare delle risorse destinate alla voce «Opere medio piccole nel Mezzogiorno» sia ridimensionato da 801 a 438 milioni di euro.
La delibera n. 121 prevede che alla voce «Adeguamento rete ferroviaria meridionale, partecipazione delle ferrovie ad interventi a terra Ponte sullo Stretto», venga ridotta di 218 milioni, passando da 588 a 370.

A questo aggiungiamo tutti i contratti di programma e le zone franche. Presidente, lei ha ricordato le zone franche: abbiamo affrontato una manovra finanziaria nella quale le zone franche sono forse ventidue. Ci eravamo dati tanto da fare, come amministratori locali, per arrivare a vedere il riconoscimento delle zone franche e ci siamo ritrovati con un pugno di mosche in mano, perché sono diventate «Zone a burocrazia zero». Non so che significhi, so che mi ero data da fare per avere due zone franche nella mia città. Ma non fa niente.

Non voglio e non posso, purtroppo, tirarla alle lunghe: le parlerei chissà quanto, Presidente, e se lei mi dovesse dare una volta l'opportunità di farlo, le parlerei veramente con il cuore in mano.

Presidente quel cuore io l'ho messo nel simbolo di questo mio piccolo movimento. Vede, c'è una confusione voluta di qualcuno che alla Camera si è autodefinito «Noi Sud», mettendoci questo timbro asettico sotto «Autonomia e Libertà». Personalmente, sono certamente libera e autonoma, tanto sono libera ed autonoma che oggi voterò contro questa fiducia. Non so chi si è messo il timbro di «Noi Sud» quanto sia realmente meridionalista; so che io ci metto dentro il pathos, la passione, il desiderio, l'emozione, ci metto dentro i giovani, le donne, quelli che non hanno alle spalle né l'alta finanza, né i poteri forti, né i danari, né i media, né i giornali: non abbiamo niente al di là della nostra passione. È un valore nel quale crediamo e per il quale ci è consentito oggi di dirle «no».

Quando lei verrà in quest'Aula, Presidente, e ci dirà che cosa ha fatto per il Mezzogiorno d'Italia, con piacere, mi creda, con onestà e con la stessa lealtà con la quale oggi posso guardarla negli occhi e voglio continuare a riuscire a guardarla negli occhi, con quella stessa lealtà le dirò che, per quanto poco io possa contare, potrò essere allora dalla sua parte.