09/06/09

Israele sequestra i fondi della Chiesa.

Bloccati i conti di una importante istituzione ecclesiastica con sede in Israele
CITTÀ DEL VATICANO - A poche settimane dalla visita di Benedetto XVI in Israele, il governo di Netanyahu ha sequestrato i fondi di una importante istituzione ecclesiastica che a sede in in Israele. La notizia è stata confermata dal delegato della Custodia di Terrasanta, padre David Jaeger, il quale esprime l'auspicio «che la clamorosa iniziativa, se confermata, risulti quella di un singolo funzionario, poco informato, e che nelle prossime ore venga sconfessata e ribaltata dai suoi Superiori, in ottemperanza al noto impegno pattizio dello Stato (nel quadro del suo Accordo fondamentale con la Santa Sede), di astenersi rigorosamente da tali mosse unilaterali in pendenza di negoziato sul piano del diritto pubblico internazionale». Il provvedimento, firmato da Yehezkel Abrahamoff, capo dell'esattoria del ministero delle Finanze israeliano, manifesta di fatto un cambiamento di rotta del governo Natanyahu e, se confermato, rischia di avere pesanti ricadute sulla gestione di scuole e ospedali cattolici. Al momento né le autorità israeliane, né la segreteria di Stato vaticana hanno confermato l'accaduto.

IL PROVVEDIMENTO - L'oridnanza è stata recapitata il 20 maggio scorso ad almeno una istituzione della Chiesa cattolica. Si tratterebbe, secondo fonti locali che hanno chiesto l'anonimato, di «una importante istituzione», la cui identità padre Jaeger non ha inteso rivelare. «Non avendo ricevuto istruzioni in merito e, vista l'estrema delicatezza della materia - ha detto - non sono attualmente in grado di dire se la Custodia di Terra Santa sia bersaglio dei sequestri di fondi della Chiesa decretati dal funzionario del Ministero delle Finanze, il sig. Yehezkel Abrahamoff». Si tratta, comunque, secondo il delegato della Custodia di Terrasanta, di un gesto che rischia di condizionare il prosieguo dei negoziati bilaterali per la definizione dei rapporti economici tra Vaticano e Santa Sede che si trascinano da 16 anni e che, dopo varie interruzioni e passi indietro, sembravano essere giunti sul giusto binario, favoriti dalla visita di Benedetto XVI in Israele dello scorso maggio. Resta da capire il significato e l'entità di questo passo da parte del governo israeliano: la vicenda, se riferita a un caso isolato e ridimensionata, potrebbe ridursi a un piccolo incidente; oppure, se confermata, potrebbe aprire un aspro contenzioso tra Israele e Santa Sede, proprio a poche settimane dalla visita del Papa in Terrasanta.

16 ANNI DI NEGOZIATI - Una fonte bene informata sui negoziati, aggiornati l'ultima volta il 30 aprile scorso, si è limitata ad osservare che si tratterebbe di una violazione degli «Accordi fondamentali», che escludevano esplicitamente la possibilità di azioni unilaterali a negoziato in corso. I negoziati tesi a definire i rapporti economici tra Israele e Vaticano, che un accordo siglato nel 1993 demandava a successive trattative, sono tuttora in corso. Il cosiddetto «Accordo fondamentale» rimandava a ulteriori intese la regolamentazione dello status delle proprietà e delle attività economiche della chiesa cattolica nella parte di Terrasanta sotto sovranità israeliana. Oltre al possesso di alcuni edifici, tra i quali il luogo dove, secondo la tradizione cattolica, Gesù tenne l'ultima cena, è oggetto di negoziato anche il trattamento fiscale da applicare all'attività della chiesa cattolica in Israele. In sede di negoziato il Vaticano ha sempre sostenuto che Tel Aviv debba onorare i diritti acquisiti della chiesa su quei territori prima della nascita dello stato di Israele. Israele, da parte sua, si è mostrato finora poco disponibile a fare concessioni di qualunque tipo alle istituzioni ecclesiastiche, in particolare per quanto riguarda il pagamento delle tasse. L'ultimo incontro della commissione bilaterale in sede plenaria si era svolto il 30 aprile scorso, in vista della visita del Papa in Terrasanta dello scorso maggio. Al termine era stato diffuso un comunicato congiunto che riferiva di «significativi progressi». Era la prima riunione dopo la formazione dell'attuale governo Netanyahu. La delegazione israeliana era guidata dal vice ministro degli esteri Denny Ayalon, del partito di Lieberman, il quale aveva dichiarato in quell'occasione che il nuovo governo di Israele «considera la conclusione di questo accordo con la Santa Sede della massima importanza», tanto più alla luce dell'allora imminente visita di Ratzinger. Un nuovo incontro della commissione in sede plenaria è stato fissato per il prossimo dicembre, ma dovrebbe essere preceduto da altri contatti.

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