13/07/08

Bossi il Lappone


Per l'ultima bacchettata a Berlusconi ricorre al più celebre stereotipo milanese: «E' un po' un bauscia». Figura che mescola ricchezza e sbruffoneria. Applicata al Cavaliere e agli ultimi rumors che l'hanno coinvolto, dalle presunte intercettazioni al caso dell'annunciatrice Rai Virginia Sanjust, Umberto Bossi la spiega così: «Gli piace troppo apparire, vuole sempre mettersi in mostra, è più forte di lui». Un vento gelido accoglie il Senatùr in Lapponia. Giovedì l'atterraggio a Gallivare, a una manciata di chilometri dal circolo polare artico. C'è la Padania impegnata nella Viva World Cup 2008, mondiale di calcio per nazioni non riconosciute.

E ci sono gli irriducibili in trasferta, una cinquantina di camicie verdi che hanno attraversato l'Europa in camper. Da Milano sono 3.450 chilometri. Ieri la terza vittoria della squadra, 2 a 0 sui padroni di casa. Bossi la segue in tribuna, calandosi nella più integralista e politicizzata delle curve possibili. Verde-Lega monocolore. Un coro per i calciatori e uno per lui, «vero condottiero». Che brandisce il pugno. Discute di tattica col team manager, suo figlio Renzo (appena bocciato, per la seconda volta, alla maturità). Scende in campo a stringere la mano ai calciatori e li elogia come «esempi del calcio vero, contro lo sport mercificato dalla globalizzazione». Tè caldo e via, ritorno a Fjallnas, il castello-resort in cui sta trascorrendo questi giorni.

A fine pomeriggio chiama al cellulare il ministro dell'Interno, Roberto Maroni. Il Senatùr lo informa sui risultati: «La squadra va alla grande». Chiude la telefonata e si fa serio: «Bobo sta facendo un grosso lavoro, fa bene a essere rigido». Il riferimento è alla «schedatura» con impronte digitali per i rom che è stata condannata dalla Ue. Sbuffa, Umberto Bossi: «Ma che scandalo? Se vogliono prendiamo le impronte anche ai bambini padani, a cominciare dai miei figli». E da questa punta estrema del continente il leader della Lega rinnova la sua insofferenza verso Strasburgo: «Veltroni e la sinistra sfruttano l'Europa per andare contro il governo. Quelle istituzioni sono lontane dalla gente, fanno troppa politica». Tarda serata, giorno pieno. In luglio quassù a Gallivare non viene mai la notte. Arriva comunque il momento del riposo nella suite «Ruby», la più chic del castello, tra velluti e pareti amaranto, antiche feritoie da cui entra la luce, sauna in camera. L'ultimo sforzo del Senatùr è per issare il bandierone padano su un pennone davanti al castello. Vessillo d'orgoglio nordista piantato nella terra delle renne e di Babbo Natale. Come si sgolavano i tifosi durante la partita: «Chi non salta italiano è».

Gianni Santucci da IL CORRIERE DELLA SERA

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