17/09/10

La spesa più cara al Sud che al Nord : sconfessata l'ennesima balla nordista.

Inchiesta Altroconsumo sui prodotti di 421 marche in 926 punti vendita della grande distribuzione di 62 città. Firenze, Verona e Pisa le più economiche. Sassari e Catania quelle dove si spende di più. Divari fino a mille euro


Il carrello scotta. A sorpresa, più al Sud che al Nord. Così, fare la spesa a Sassari costa 900 euro più che a Firenze. Per gli stessi prodotti e nella stessa quantità, nonostante l’inflazione sia sotto controllo e i prezzi dei prodotti alimentari addirittura in discesa. Quasi tutti. Fa eccezione la pasta, cresciuta inspiegabilmente del 33% dal 2007. Un vero e proprio record. Le famiglie, intanto, sono più povere.

Si riduce il potere di acquisto (del 2,6% nel 2009) e il 17% tra loro non arriva alla quarta settimana. In questo quadro, a sciogliere il luogo comune – si spende meno da Roma in giù – e a scattare un’istantanea sui cartellini dei prodotti di uso quotidiano arriva l’indagine di “Altroconsumo” . Fare la spesa in Sicilia, Sardegna, Campania, Puglia (ma anche nel Lazio e in Abruzzo), secondo l’associazione dei consumatori presieduta da Paolo Martinello, costa molto sopra la media. Media che l’Istat certifica in 6.300 euro per ogni famiglia nel 2009. La scarsa concorrenza tra catene e punti vendita rende impossibile per chi vive nel Mezzogiorno spuntare scontrini migliori.

Così, riempire il carrello conviene a Firenze, Verona, Pisa, dove la spesa si aggira attorno ai 5.700 euro annui, sotto la media. Ma anche a Treviso, Udine, Arezzo, Livorno, Alessandria, dove è al di sotto dei 6 mila euro. Supera, invece, i 6.600 euro a Sassari e Catania. Ed è sopra i 6.500 euro ad Ancona, Roma, Lecce, Pescara, Messina. Differenze notevoli. Tra Firenze(la migliore) e Sassari (la peggiore) corrono quasi mille euro. Per l’acquisto degli stessi, identici, prodotti di marca e nelle stesse quantità. quasi mille euro. Per l’acquisto degli stessi, identici, prodotti di marca e nelle stesse quantità.
L’indagine di Altroconsumo – condotta su prodotti di 421 brand, monitorati lo scorso maggio in 926 punti vendita visitati (tra hard discount, super e ipermercati) di 62 città italiane – svela anche il paradosso della pasta, il cui prezzo è triplicato senza motivo in tre anni, dopo i rialzi del 2007 dovuti alle tensioni internazionali sul costo del grano. L’impennata sulla materia prima è rientrata, ma i prezzi finali non sono più tornati a livelli accettabili. Mentre olio, saponette, coca cola, pelati scendono (i pomodori addirittura del 26%), anche il detersivo lievita del 14%, i corn flakes del 15%, la mozzarella del 3%.

I risparmi, secondo l’inchiesta, sono comunque possibili. Fino a 1.600 euro l’anno. Dal confronto tra un carrello “tipo” con prodotti di marca e uno low cost, Altroconsumo individua nei prodotti “hard discount” il vantaggio più consistente (-61% di minor esborso rispetto agli equivalenti di marca). Bene anche i prodotti “primo prezzo”, quelli con il valore più basso per ciascuna categoria (-50% di risparmi) e quelli che portano il brand del centro commerciale (-41%). I prodotti di marca in offerta convengono sempre (-21%). Ma, avverte l’associazione, la variabilità di prezzo tra punti vendita può raggiungere anche il 30% sul singolo prodotto in offerta. “Una vera giungla”, in cui è complicato orientarsi. Nella gara tra Coop ed Esselunga, per molti anni regina tra le catene meno esose, quest’anno si inserisce Iper, risultata la più economica. Maglia nera per Standa/Billa: un carrello “tipo” costa qui il 12% in più che da Iper. Il carrello low cost conviene, invece, da Eurospin

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