21/03/09

Baghdad, già dimenticata?

Tratto da http://latorredibabele.blog.rai.it, il blog di Pino Scaccia

Frastornati dalla schizofrenia di un’informazione che ormai passa disinvoltamente da un evento all’altro, ci siamo un pò tutti dimenticati dell’Iraq. Per tanto tempo abbiamo trepidato, era al centro assoluto dei nostri interessi, dei nostri pensieri e delle nostre paure, sembrava che dovesse cambiare il mondo, invece adesso sembra che non esista più. Sono passati solo sei anni dall’attacco su Baghdad. Resta la memoria di chi ha vissuto direttamente l’evento. Grazie a quello strano filo che unisce il volo dei gabbiani mi ritrovo qui come compagno di viaggio Enrico Bellano autore delle storiche immagini dei primi bombardamenti. Io quel giorno stavo a Kabul. Ricordo ancora lo sgomento degli afghani. Che le operazioni fossero parallele era evidente. A Baghdad sono arrivato un mese dopo, il 26 aprile, quando ancora Bush non aveva dichiarato finita (!) la guerra. Migliaia di morti dopo, gli americani hanno di fatto mollato la presa, decisione inevitabile ma clamorosa ammissione di una sconfitta: militare ma soprattutto politica. Hanno tolto il tappo al Grande Islam e ora ci ritroviamo in pieno conflitto globale, alle soglie di una guerra santa. Rileggendo i post in diretta di allora mi rendo conto che il tunnel era ampiamente previsto da tutti gli osservatori. Sotto la statua di Saddam quell’invito, immediato: “go home” , tanto per chiarire che non sarebbe stato facile per i “liberatori”. Dopo quella volta, sono stato altre sei volte in Iraq, come dire sei mesi, e ogni volta è stata una salita. Dai tour per tutto il Paese, da Bassora a Tikrit, a chiusura rigorosa dentro il bunker. Quanti ricordi, quanti amici. Mahdi, che adesso sta a Stoccolma, Louai che ancora sta (male) a Baghdad. E poi i ragazzini, la Croce Rossa, i carabinieri. Per non dire di Enzone che purtroppo lì è rimasto per sempre. Come fai a dimenticare l’Iraq? La terra della Torre di Babele.

Baghdad, aprile 2003. La luna di Baghdad è diversa da tutte le altre perchè non è una luna, sono due. Accanto alla solita luna ce n’è un’altra, di colore rosso. E’ il fuoco perenne della raffineria di Al Dhora, un pò simbolica perchè rappresenta forse i motivi della guerra. La seconda luna sta sempre lì, accanto alla luna vera e illumina (e angoscia) le nostri notti. Nei momenti più brutti chiudo le tendine. E’ un gesto istintivo. Non so se lo faccio per nascondermi o per nascondere quello che succede fuori. (…) In una notte di luna ho conosciuto Baldoni, l’unica volta in cui non ho chiuso la tendina, ma sono sceso sotto a vedere l’effetto della botta. Per me era una bomba, per lui una rosa scarlatta.

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