28/03/10

Perchè votare in Campania è come pagare il pizzo.

Tutte le strade portano a Nusco, ma ci vuole comunque tanto coraggio a sostenere che il PdL possa costituire una speranza per una regione allo sbando, quale è la Campania, quando ci si è alleati con il male oscuro che da trent'anni fagocita ogni slancio.

Tanto per intenderci, la migliore definizione su De Mita l'ha data a suo tempo Indro Montanelli scrivendo: "dicono che sia un intellettuale della Magna Grecia, ma io non capisco cosa c'entri la Grecia". Ecco, da quest'uomo - fortemente voluto da Italo Bocchino, candidato presidente fuggitivo nel 2005 che DE MITA, da avversario, definì "un imbecille" - dovrebbe provenire il tanto auspicato "rinnovamento". Oppure da Clemente MASTELLA e consorte in esilio, visto che effettivamente costituiscono una novità: non è, forse, una novità che siano passati dal centrosinistra al PdL? Manca Cirino Pomicino a chiudere la triade della tangentopoli democristiana degli anni '90, ma a sostituirlo degnamente ci sarà il nipote di ANTONIO GAVA, ministro che frequentava Cutolo e al dito portava "o' ciciniello" , l'anello in dotazione agli uomini d'onore, ma che, ai suoi funerali, GIANFRANCO ROTONDI ha definito "capace e onesto".

Dopo venti anni di tirannia bassoliniana, di scandali, di corruzione e profonda vergogna per il popolo campano, ci saremmo aspettati che il PdL candidasse una personalità dotata di quel minimo di carisma e capacità richieste per una gestione dignitosa della cosa pubblica in regione.

Invece il partito ha scelto prima Cosentino poi, quando quest'ultimo è stato travolto dallo scandalo giudiziario che lo vuole legato al clan camorristico della sua città natale - Casal di Principe - si è ripiegato su Stefano Caldoro.

Tutto l'organigramma del PdL campano, da Mara Carfagna a Italo Bocchino, è stato compatto nel rigettare le autorevoli candidature di personalità esterne al partito che Berlusconi, conscio dell'idiozia che regna tra i suoi in Campania, caldeggiava. In tal modo è stata bocciato, per l'ennessima volta, l'eterno aspirante candidato Arcibaldo Miller - magistrato troppo serio per i saltimbanco nostrani - e il presidente degli industriali di Napoli Gianni Lettieri, giudicato troppo intelligente e, quindi, pericoloso.

Caldoro, ex ministro senza portafoglio semisconosciuto ai più, è un socialista e un berlusconiano di ferro che è stato scelto da Italo Bocchino in persona, il ràs del presidente della camera capace di ripudiare le sue origini campane quando è stato toccato da indagini sconvenienti per le sue frequentazioni con l'imprenditore Romeo, ma pur sempre padre padrone del partito assieme a Nicola COSENTINO.

Quest'ultimo, ex candidato in pectore, è ancora risentito per non aver potuto concorrere e, così, pare che - almeno secondo l'ottimo Marcello Sorgi - abbia stretto un patto con Bassolino per boicottare Caldoro. Il ragionamento è questo: siccome Caldoro è il candidato di Bocchino, fargli perdere una partita già vinta significherebbe per Cosentino diventare l'unico padrone del PdL in Campania.

Così è stato candidato - "a sorpresa" - a sostegno di Caldoro l'ex bassoliniano ROBERTO CONTE, che non può essere eletto in quanto interdetto dai pubblici uffici per i suoi legami con il clan Misso, ed è stata boicottata la venuta di Berlusconi a Napoli. Cosentino vuole dimostrare che, senza di lui, il PdL non può andare da nessuna parte e, seppure parzialmente, ci è già riuscito.

Caldoro ha già ampiamente dimostrato di non avere lo spessore per rimanere immune alle pressioni di Bocchino e di Cosentino e già il fatto che si lamenti di candidati che lo sostengono dimostra che non ha il polso della situazione.

Situazione che si aggraverà nel momento in cui l'Udc di De Mita e la famiglia Mastella - che fino ad un mese fa hanno affiancato per 16 anni la tirannide bassoliniana - inizieranno a battere cassa e demolire ulteriormente una sanità pubblica già commissariata che abbonda di primari con le tessere del partito giusto.

In definitiva non sussistono motivazioni valide per appassionarsi a questo PdL, ma il principale elemento che spinge a credere che bisognerebbe fare tabula rasa di siffatte mediocrità è che il PdL è stato il principale alleato di Bassolino.

Infatti, mentre in Sardegna dopo le dimissioni di RENATO SORU, in Abruzzo dopo quelle di Ottaviano del Turco e in Sicilia dopo quelle di Totò CUFFARO si è andati ad elezioni, "l'opposizione" in Campania non ha presentato una mozione di sfiducia contro Bassolino nemmeno quando il mondo guardava con disgusto allo scandalo dei rifiuti, la sua giunta veniva travolta dalle indagini giudiziarie e il presidente - tra un avviso di garanzia e l'altro - era costretto a cambiarne gli assessori ogni due mesi.

In Campania, all'opposizione, si è sempre preferita la "co-gestione", laddove il PdL si è accontentato sempre di una presidenza in commissione o altri posticini piuttosto che denunciare gli scandali di una giunta della vergogna che non sarebbe dovuta di certo durare 10 anni.

Del resto che questo PdL sia immaturo lo dimostra il fatto che abbia vinto le prime elezioni dopo un decennio con il frequentatore di boss Luigi CESARO, attuale presidente della provincia Napoli che in galera c'è già stato per i suoi rapporti con la famiglia Cutolo.

Di quale cambiamento può parlare, quindi, il buon Caldoro? Di quale riscatto per la Campania? Sia ben inteso, qui non si vuole di certo tirare la volata a De Luca nè a chi è dietro di lui, ossia il centrosinistra di Bassolino, ma far ben presente che è ora di smetterla di prendere in giro l'elettore.

Se oggi, nel 2010, un campano su 3 è ancora costretto ad emigrare è proprio per via di questi cialtroni, bassolinani o omologhi del PdL.

N.B. Ah sì, De Luca chiuderà la sua campagna elettorale a Casal di Principe, ma - fa sapere - non parlerà di camorra. Non sia mai che qualche elettore indigeno la prenda a male

22/03/10

Il doppio gioco di Bassolino e COSENTINO.

«Se Caldoro vince, come tutti prevedono, i due astri della politica partenopea - quello declinante di Bassolino e quello fino a poco fa sorgente di Cosentino - tramonteranno insieme, simultaneamente». Questa la visione di Marcello Sorgi, opinionista de La Stampa, in vista della sfida a più teste politiche che si gioca in terra campanaa. Sorgi però aggiunge un'altra opzione, più favorevole - per paradosso - al sottosegretario casertano. Questa: se vince De Luca, l'era bassoliniana sarà in fretta liquidata, ma al contempo, sarà Cosentino a sorridere sui lidi del centrodestra per la contemporanea sconfitta di Italo Bocchino, l'acerrimo nemico interno, e del suo candidato Caldoro. «In altre parole - si legge nell'articolo sulle regionali campane del quotidiano torinese - Bassolino e Cosentino hanno tutto l'interesse a trovare un accordo, conveniente per entrambi, che possa danneggiare i rispettivi (e sgraditi) candidati delle loro due parti e assicurare a loro stessi un futuro meno incerto». Anche se, è chiaro, «non si potrà mai provare l'esistenza di un patto» tra i due. Naturalmente, postilla l'opinionista, in massima parte saranno gli elettori campani a determinare l'esito del voto finale: si tratta di consultazioni regionali, non di votare per un singolo Comune o per un territorio circoscritto a una Provincia. Però, complice il sistema di voto - disgiunto, talvolta di "disturbo" - e la possibilità di controllare pacchetti di voti considerevoli, «don Antonio e don Nicola» potrebbero far capire che in Campania è impossibile vincere contro di loro.

07/03/10

Cesaro e gli appalti del G8.

Che ci fa il deputato e presidente della Provincia di Napoli nell’inchiesta sugli appalti del G8? Se lo stanno chiedendo gli inquirenti del capoluogo toscano, da quando sono venuti in possesso di una serie di sue intercettazioni telefoniche con un indagato .

Di Luigi Cesaro ci siamo occupati già qualche tempo fa, in particolare nella nostra inchiesta sulle tante ombre giudiziarie (e non solo) che ammantano il Popolo delle libertà in Campania. Cesaro, presidente della Provincia di Napoli e, allo stesso tempo, pure deputato alla Camera a Roma è un personaggio politico piuttosto discusso. Adesso il suo nome è emerso in alcune intercettazioni telefoniche contenute nell’informativa del Ros di Firenze, nell’ambito dell’inchiesta sui lavori del G8. La stessa inchiesta che sta portando alla luce tutto il ciarpame “politico-affaristico” che è ruotato intorno all’organizzazione (peraltro poi saltato) del G8 alla Maddalena in Sardegna, che coinvolge, tra gli altri, il sottosegretario e capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, il vice coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini e diversi altri imprenditori e “colletti bianchi”. Una storia di pubblici ufficiali corrotti definiti da alcuni degli stessi indagati “veri banditi”.

UN OPACO BACKGROUND – Cesaro è originario di Sant’Antimo, piccolo comune dell’agro aversano a pochi chilometri, rispettivamente, da Napoli e Caserta. In passato è stato chiamato in causa dal collaboratore di giustizia e già affiliato al potente clan camorrista dei Casalesi, Gaetano Vassallo, quale referente “politico” del clan. Mentre, a sua volta, l’ex presidente della Provincia di Napoli, Amato Lamberti l’ha definito “un politico in odore marcescente di collegamenti con la camorra“. Il parlamentare, secondo il collaboratore di giustizia, sarebbe stato una sorta di “fiduciario del clan Bidognetti“: il boss detto “Cicciotto ‘e Mezzanotte“, condannato all’ergastolo nel processo “Spartacus” assieme all’altro superboss, Francesco Schiavone alias “Sandokan“, che ha dominato per anni l’alleanza criminale casalese. Cesaro, sarebbe intervenuto nella riconversione dell’area industriale dismessa dalla Texas Instruments di Aversa. Nel 1999 lo stabilimento viene venduto ad un’immobiliare di Bologna e poi chiuso, con la messa in mobilità di 370 dipendenti. Poi nel 2005 la ditta del fratello di Cesaro ottiene il permesso per costruirvi una nuova struttura industriale. Ma nulla – secondo gli inquirenti – nei piani dei Cesaro è riconducibile ad una riconversione produttiva. Infatti, l’anno scorso è stato avviato il percorso per cambiarne la destinazione, peraltro bloccato dalla protesta dell’opposizione e dei cittadini. La zona, ancora oggi, resta perciò inutilizzata. A farne crescere il valore, tuttavia, è il fatto che tra poco vi sorgerà una fermata del metropolitana di Napoli. Non solo, recentemente è stato presentato un altro progetto, che avrebbe forti sponsor in Regione Campania, per farvi nascere centri commerciali e parcheggi. Sta di fatto, comunque, che le accuse verso l’ex esponente socialista ed oggi notabile del Pdl, non sono mai state direttamente dimostrate.
L’INTERCETTAZIONE - Dalle intercettazioni del Ros di Firenze, infatti, emergono non solo inquietanti intrecci finalizzati al conseguimento di appalti ed affari, ma anche interessi politici. Tra i contatti politici del dipendente del ministero delle Infrastrutture, Antonio Di Nardo, già indagato nell’inchiesta, c’è, come detto, anche Luigi Cesaro. Il 21 ottobre 2009, si legge nell’informativa, Nunzio Di Martino, un esponente locale dell’Udc chiama Di Nardo e gli spiega che vorrebbe contrattare il passaggio al Pdl del suo pacchetto di voti. Successivamente Di Nardo ne parla al telefono con Cesaro. Ecco il testo di una delle intercettazione tra Di Nardo e il presidente della Provincia di Napoli. – Di Nardo: “…ti ho richiamato volevo sapere una cosa… perché c’è un mio amico che sta a Ercolano che fa parte di… sta con Pionati… Unione di Centro“. – Cesaro: “…eh sta con noi“. – Di Nardo: “…allora lui mi chiedeva … siccome quello c’ha chiesto di candidarsi per la Provincia“. Cesaro: “…eh“. – Di Nardo: “…ma tu sai come sono mò le altre candidature? … è Pdl o lui va per fatti suoi?“. – Cesaro: “…no… sta insieme a noi appoggia la Lista del Presidente“. – Di Nardo: “…ho capito che appoggia la Lista… per sapere i voti che lui piglia … è possibile poi saperli?“. – Cesaro: “…come no?!“. – Di Nardo: “…cioè come … com’è la?“. – Cesaro: “…chi vota a lui vota la Lista sua e se li prende solo lui“. – Di Nardo: “…ah quindi lui in effetti sarà in una Lista … Unità di Centro come si chiama“. – Cesaro: “…collegata eh“. - Di Nardo: “…collegata a te ho capito… va bè è questo che volevo sapere“.

“DAMMI IL TUO CONTO CORRENTE” - Da un’ulteriore intercettazione, risulta inoltre che Di Nardo s’informa anche sugli estremi di un conto corrente con cui finanziare la campagna elettorale di Cesaro. In un’altra intercettazione, infine, si capisce bene qual è lo scenario complessivo. Il costruttore indagato, Riccardo Fusi, descrive la ressa degli imprenditori al Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo di via della Ferratella a Roma, dove vengono presentate le richieste di partecipazione alle gare a licitazione privata per otto lotti di lavori da assegnare in vista del G8 alla Maddalena: “Sembra di essere ad un pronto soccorso - si legge -, tutti gli imprenditori fuori dalla porta in fila. Lo sai al G8 quante richieste sono arrivate? Anche un indiano c’è. Sono 32 le aziende che hanno iscritto”. “La scadenza era il 15, l’hanno prorogata al 30, hanno iscritto tutti. Anche un indiano c’è...”, dice Fusi, che rimarrà escluso dai lavori: la Btp vi partecipa in un’Ati (associazione temporanea d’imprese), insieme al Consorzio Stabile Novus (CSN), guarda caso, di Napoli.
PIETRO SALVATO

03/03/10

Cesaro, l'ombra della camorra.

Arrestato come uomo di Cutolo, condannato e poi assolto nonostante i rapporti con il boss. Il passato di Cesaro, il deputato che guida la Provincia di Napoli

Da don Raffaè a Berlusconi, da messaggero di "lady camorra" Rosetta Cutolo a corriere di bufale per Silvio Berlusconi. Luigi Cesaro, presidente della Provincia di Napoli, vive da sempre all'ombra di qualcuno. Nel bene e nel male. Finito in carcere a metà degli anni Ottanta per i suoi rapporti di «amicizia con tutti i grossi esponenti della Nuova Camorra Organizzata in sigla N.c.o», il leader del Pdl napoletano vede oggi materializzarsi scenari cupi per le nuove rivelazioni dei pentiti. Stavolta i clan sono diversi - nei verbali degli ultimi mesi si parla di Casalesi - il tema però è lo stesso: l'intreccio tra criminalità, politica e cemento. Una sorta di déjà vu per l'uomo che da gennaio avrà il controllo della gestione dei rifiuti a Napoli e provincia. Il cui curriculum giudiziario è rimasto finora dimenticato negli archivi.

Il blitz
Quando gli uomini della squadra mobile di Napoli bussarono di notte alla sua porta, lui era già lontano. Passò qualche giorno prima che si presentasse in Questura: «Sono Luigi Cesaro di Francesco, nato a Sant'Antimo il 19 febbraio 1952». Quello del 1984 fu il compleanno più amaro per l'attuale presidente della Provincia di Napoli, coinvolto nell'operazione della polizia contro i cutoliani, all'epoca l'organizzazione criminale più famosa, che si era infiltrata negli appalti del dopo terremoto in Irpinia e aveva gestito assieme ai servizi segreti le trattative con le Brigate rosse per la liberazione del presidente dc Ciro Cirillo. Cesaro era un giovane avvocato, rampollo di una dinastia di costruttori. Ma due pentiti, Mauro Marra e Pasquale D'Amico, lo chiamano in causa. Marra sostiene che aveva «favorito i collegamenti tra i vertici della N.c.o.» e «ripetutamente finanziato» il gruppo camorrista. Accuse pesanti: aver garantito l'ospitalità, la latitanza, gli spostamenti dei boss e aver fatto da postino del clan, consegnando lettere e pizzini. Diciotto mesi dopo, il 18 maggio del 1985, il Tribunale di Napoli condannava Luigi Cesaro a cinque anni di reclusione.


Da accusato a vittima
In Appello Cesaro riuscì a far prevalere la sua versione dei fatti: non era il finanziatore del clan, si difese, ma solo una vittima. Le continue richieste degli "amici" erano diventate insopportabili per i Cesaro, costruttori in continua espansione in quegli anni. Ma l'attuale presidente della Provincia non si rivolse alle forze dell'ordine: chiese aiuto direttamente a Rosetta Cutolo, sorella di don Raffaele, come lui stesso ammise durante il processo. «Il Cesaro - scrivono i giudici nella sentenza di secondo grado - ha spiegato che al fine di sottrarsi alle pesanti richieste estorsive del gruppo di Pasquale Scotti (ammesse dal Marra) chiese i buoni uffici di Rosetta Cutolo la quale inviò una lettera di "raccomandazione" allo Scotti». Siamo negli anni della mattanza di camorra in Campania: 1.500 morti ammazzati tra il 1978 e il 1983 nella guerra tra i cutoliani e i rivali della Nuova Famiglia. 'O Professore è in isolamento all'Asinara: il clan, decimato dal maxi-blitz del giugno 1983, è nelle mani proprio di Pasquale Scotti. Che è latitante, come donna Rosetta, quando Cesaro gli consegna personalmente la "lettera di protezione". Ma secondo la Corte d'appello le prove per dimostrare che Cesaro fosse a tutti gli effetti organico alla N.c.o. non sono sufficienti: il 29 aprile 1986 viene assolto. I giudici però non nascondono i loro sospetti: «Il quadro probatorio relativo alla posizione del Cesaro non può definirsi tranquillante». E ancora: «Il dubbio che l'imputato abbia, in qualche modo, reso favori ai suddetti personaggi per ingraziarseli sussiste e non è superabile dalle contrastanti risultanze processuali». Un anno dopo arriverà l'assoluzione anche in Cassazione: «Per non aver commesso il fatto ». Firmato: Corrado Carnevale.

Il presidente postino
Quell'incontro fra Cesaro e il latitante Scotti era stato raccontato dallo stesso boss, dieci giorni dopo il suo arresto avvenuto il 17 dicembre 1983 dopo un violento conflitto a fuoco. Confessioni che, tuttavia, non sono mai entrate nel procedimento aperto contro il giovane avvocato. Scotti non era uno qualunque: capo del gruppo di fuoco della N.c.o. al quale furono attribuiti più di 40 omicidi, era diventato il reggente del clan di Cutolo. Cesaro lo incontrò nel mese di ottobre del 1983, quando era il ricercato numero uno. Poche settimane dopo Scotti fu sorpreso e catturato. È il 28 dicembre 1983 quando il boss parla negli uffici della Questura di Caserta: «Circa un mese, un mese e mezzo fa, ricevetti un biglietto tramite l'avvocato Cesaro di Sant'Antimo, figlio del costruttore Francesco Cesaro, il quale a sua volta l'aveva ricevuto dalla suocera di Raffaele Cutolo». Non dice nulla sulla presunta "raccomandazione" da parte di donna Rosetta in quelle righe: ignora cioè la versione che Cesaro darà ai giudici e che gli garantirà l'assoluzione. Secondo il racconto del boss, il messaggio consegnato nelle sue mani da Cesaro indicava solo il luogo per un appuntamento telefonico con Raffaele Cutolo che avrebbe poi chiamato dalla Sardegna C'era da organizzare la fuga di Marco Medda, altro nome leggendario di quella stagione sanguinosa, che mitra alla mano poi tenterà di risollevare con Scotti le sorti dell'armata cutoliana.


di Claudio Pappaianni

02/03/10

IlRiformista mi legge ma evita di citarmi.

Fabrizio D’Esposito de il Riformista, per scrivere il suo pezzo su Roberto CONTE, si è evidentemente documentato in rete e, probabilmente, si è imbattuto nel mio articolo, che è uno dei primi segnalati dai motori di ricerca per conoscere la biografia del consigliere regionale legato al clan Misso. Tanto è vero che, ad un certo punto, riprende il titolo che gli diedi e scrive: "[Già..] un paio di anni fa i titoli su Conte, all’epoca consigliere regionale, erano questi: «Roberto Conte, un uomo di Bassolino voluto dalla camorra»

Mi fa piacere che Fabrizio D’Esposito abbia letto e riprodotto il contenuto del mio articolo, solo che all'epoca, due anni fa, i quotidiani si sono ben guardati dall'usare i miei stessi toni e ci sono andati con i piedi di piombo. Il mio blog - questo ed antibassolino.blogspot.com prima - è stato il primo a svelare il modo di far politica di Conte; per questo il giornalista, anche per un fatto di correttezza, avrebbe fatto bene a citare la fonte.

Tuttavia ciò non toglie nulla ad un pezzo stupendo che analizza molto bene quanto avevo accennato nel mio articolo, ossia "l'alleanza occulta" che esiste tra PdL e Pd in Campania. Infatti due anni fa conclusi sottolineando che sia Conte, all'epoca nel Pd, che Forza Italia avevano sostanzialmente salvato Bassolino; Fabrizio D'Esposito - condividendo la riflessione - ha dimostrato che avevo ragione: CONTE, COSENTINO E CESARO SONO MOLTO "INTIMI".

Per leggere l'articolo de IL RIFORMISMO vi rimando a questo link: http://www.napolionline.org/new/caldoro-cassa-la-manina-mette-e-presenta-gli-impresentabili

CAMORRA IS COMING: Roberto CONTE voluto da COSENTINO E CESARO.

Sono notori e documentati i rapporti tra il clan dei Casalesi e l'ex candidato in pectore del PdL Cosentino e il presidente analfabeta della provincia di Napoli Luigi Cesaro. Roberto CONTE è espressione, invece, del clan Misso. C'è forse un accordo tra casalesi e clan misso? CALDORO si dice "sorpreso", ma se CONTE è stato veramente candidato a sua insaputa, ciò significa una sola cosa: se non ha il polso della situazione nemmeno sulle liste, come potrà controllare chi lo circonda una volta eletto presidente della regione? La verità è che comanderà poco e COSENTINO sarà la sua ombra. Ormai la politica in Campania va analizzata così, in base gli umori della camorra, ed è inutile che la Carfagna si indigni: si ricordi piuttosto che tutti i parlamentari PdL della Campania hanno appoggiato e difeso COSENTINO.

CAMORRA IS COMING.

di Angela Frenda da il Corriere della Sera

Stefano Caldoro la candidatura di Roberto Conte proprio non se l’aspettava. Frutto di «un blitz» notturno, dicono i fedelissimi, di cui sarebbero stati protagonisti il coordinatore regionale pdl Nicola Cosentino e il presidente della provincia Luigi Cesaro. Loro a inserire, all’insaputa di Caldoro che lo aveva già bocciato, il consigliere regionale ex Verdi, poi Margherita, infine espulso dal Pd, e adesso in corsa con il Pdl nella lista «Alleanza di popolo», nonostante sia condannato in primo grado per concorso esterno in associazione di stampo mafioso. Una decisione che rischia di rovinare l’immagine del candidato governatore, che assieme alla capolista Mara Carfagna sta puntando tutto su etica e moralità. La ministra delle Pari opportunità nei giorni scorsi ha più volte tuonato contro le candidature «impresentabili». Ma nonostante questo alcuni indagati sono stati inseriti ugualmente: dentro Alberico Gambino, sindaco supervotato di Pagani, sospeso per una condanna a un anno e mezzo per peculato; dentro Fernando Zara, consigliere provinciale del Pdl a Salerno, arrestato in passato due volte, condannato in primo grado per corruzione e in attesa dell’appello. E Roberto Conte, appunto. Candidatura che Carfagna ha appreso a New York (dove è andata per un paio di giorni di vacanza), e che ha bollato come «indecente». Così ieri Stefano Caldoro ha colto l’occasione di un convegno pubblico per prendere le distanze da Conte: «Abbiamo delle liste straordinarie — ha detto alla presenza dei senatori del Pdl Gasparri e Quagliariello —. Avevamo deciso, con il gruppo dirigente, di non candidare Roberto Conte. Chiedo quindi che sia ritirata la candidatura di Conte e che la lista che lo ha proposto prenda le distanze da questa candidatura nata notte tempo. Sono voti che non vogliamo. Anzi, se questi voti dovessero risultare decisivi io non avrò esitazioni a rinunciare alla carica di presidente». A imbarazzare molti è il curriculum di Conte: nell’aprile 2009 ha ricevuto un ordine di custodia cautelare con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni della Regione Campania. Nel gennaio 2008 fu indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Conte, secondo l’accusa, avrebbe fornito «un contributo esterno rilevante alla vita e alle attività dell’organizzazione camorristica dei Misso del quartiere Sanità». In particolare «avrebbe stipulato un patto illecito con Misso in forza del quale il sodalizio criminale offriva ampio sostegno in termini economici di mezzi e persone per garantire l’elezione di Conte, esercitando intimidazione e controllo del territorio». Nel 2007 risultò indagato nel corso dell’Operazione Canaglia: indagine che portò all’arresto di 13 persone tra dirigenti, funzionari e dipendenti del Comune di Napoli e del Consiglio regionale.

Bassolino verso l’addio: posti d’oro agli amici

Se ne va così come era arrivato: da infame.
A meno di un mese dalle elezioni regionali il governatore uscente della Campania piazza i fedelissimi ai vertici della fondazione pubblica Forum delle culture.Distribuendo i suoi in posizioni strategiche il presidente Pd si assicura così influenza politica anche per i prossimi anni


Una trentina di giorni prima di scollarsi dalla poltrona di Palazzo Santa Lucia, ’o governatore Antonio Bassolino ha pensato agli amici. L’imputato nello scandalo dei rifiuti ha voluto fare ai suoi collaboratori più fedeli un bel regalo d’addio per celebrare la fine della sua avventura a capo della giunta regionale della Campania. E il senso di gratitudine doveva proprio essere forte se, ad esempio, al suo portavoce, il giornalista Mario Bologna, Bassolino ha donato addirittura una carica da direttore generale. Al giornalista che gli è stato accanto per oltre 16 anni, che lo ha assistito e seguito ovunque egli andasse, l’ex «Sant’Antonio da Afragola» ha consegnato una targhetta con su scritto «direttore generale» della fondazione che dovrà gestire il «Forum universale delle culture», che si terrà a Napoli nel 2013.

Non c’è che dire, un bel colpo per Bologna, che passerà dalle stanze ovattate di Palazzo Santa Lucia a quelle che ospiteranno l’organizzazione dell’importante kermesse. Anche se, per la verità, parliamo di un forum ridimensionato, in quanto il governo ha rifiutato l’invito ad entrare a far parte della fondazione, negando alla rassegna, almeno finora, la denominazione di «grande evento».
La nomina di Bologna non è del resto stata la sola a destare perplessità nei palazzi della politica campana. Il duo Antonio Bassolino-Rosetta Iervolino, ai quali in qualità di presidente della Campania e di sindaco di Napoli è spettato il compito di nominare il direttore generale e il consiglio d’amministrazione della «Fondazione Forum universale delle culture 2013», si è prodigato anche nel piazzare altri fedelissimi, oltre a Bologna. Il presidente della fondazione è infatti Nicola Oddati, assessore comunale alla Cultura, sostenitore numero uno dell’evento. In molti però storcono il naso per il doppio incarico che Oddati rivestirà così fino all’anno prossimo, quando si andrà alle urne per il Comune. Un premio a Oddati per il suo impegno a portare a Napoli un prestigioso appuntamento culturale? Non solo. A Napoli anche i muri sanno che Oddati è un bassoliniano di ferro. E sono due con Bologna.

La squadra che dovrà gestire l’evento è infine completata dai due consiglieri di amministrazione: l’assessore all’Urbanistica della giunta Bassolino, Gabriella Cundari, e il giurista Michele Scudiero, docente universitario. Tutte le nomine sono state frutto di un blitz del duo Bassolino-Iervolino. Del resto bisognava fare in fretta, per evitare che la designazione dei componenti del consiglio di amministrazione finisse nelle grinfie del successore di Bassolino. Uno schiaffo a Caldoro o a De Luca, a chi fra i due tra poco siederà sulla poltrona che ora è dell’imputato nello scandalo dei rifiuti. Sicuramente sia l’esponente del centrodestra sia quello del centrosinistra avrebbero nominato altri personaggi, certamente non bassoliniani. Il presidente del cda infatti gestirà un grande potere, come, ad esempio, le assunzioni di personale con contratti a termine e di specialisti. Evidentemente, anche se dopo le elezioni regionali Bassolino a Palazzo Santa Lucia non ci sarà più, nelle tante stanze del potere ci saranno ancora i suoi fedelissimi, pronti a lavorare per il futuro che Bassolino, ancora per poco tempo governatore, sta disegnando per se stesso.

Carmine Spadafora