29/08/08

La Chiesa che vorremmo: dallo scandalo di Salerno al coraggio di Don Ciro

Nella notte tra martedì 26 e mercoledì 27 agosto delle ombre hanno fatto esplodere la fiat panda di Don Ciro De Marco, parroco della Chiesa della SS. Vergine del Suffragio, al confine tra i comuni di Scafati, Poggiomarino e Boscoreale. Non è la prima intimidazione che riceve, ma chi lo conosce giura che di certo non si farà intimidire ora. Alcune settimane fa, il parroco aveva inviato una lettera al ministro degli Interni, al prefetto di Napoli e a quello di Salerno per denunciare provocatoriamente "il degrado insopportabile di questa zona con gare di moto, spaccio e utilizzo di droga” e per invitare le autorità competenti ad attivarsi. La lettera fu ripresa da qualche quotidiano locale e, subito, le ombre che non vogliono che i loro traffici siano disturbati, non hanno tardato a manifestarsi. Solo che Don Ciro gli occhi li ha voluti mantenere aperti - al contrario dei tanti ciechi per caso che, sfortunatamente, in Campania abbondano - e ha continuato da una parte a spingere i fedeli a riacquistare il dono della vista e, dall'altra parte, a lamentarsi dell'inoperosità dolosa delle forze dell'ordine. Don Ciro è un parroco coraggioso che, al pari dei cattolici che in India sono scacciati e uccisi dai fondamentalisti indù, fa risplendere quella Luce di cui egli è testimone..

Non lo è, forse, allo stesso modo il vescovo/imprenditore di Salerno Gerardo Pierro. L'Arcidiocesi di Salerno è, infatti, sotto inchiesta per aver trasformato un'ex colonia per ragazzi in un hotel a cinque stelle con finanziamenti pubblici pari a 2,450 milioni di euro. La Guardia di Finanza ha, inoltre, proceduto al sequestro di una parte dei fondi dell'otto per mille (provvedimento senza precedenti!). La somma, che si aggira sui di 509 mila euro, quasi un terzo dei fondi destinati dalla Cei alla Curia salernitana - era stata stanziata per lavori di piccola manutenzione sull'edilizia ecclesiastica. Niente di illegale sotto questo profilo, intendiamoci, ma sott'un altro (che si lascia al lettore) sorge più di una perplessità.

Gerardo Pierro - indagato per truffa, falso, abuso d'ufficio e violazione delle norme edilizie (pure!) - non è nuovo a queste bravate. Più che per la sua attività pastorale, a Salerno è conosciuto per la sua finanza creativa; anche perchè, più che un vescovo, sembra un segretario di partito.

Ad ogni elezione infatti - come ogni segretario di partito che si rispetti - non fa mai mancare il suo deciso, netto e disinteressato (!?) apporto alla coalizione progressista. Che si tratti di Ulivo, Unione, Partito Democratico o Triccheballacche, per lui l'imperativo è uno solo: indirizzare voti per la squadra del suo cuore, cuore che batte indubbiamente a sinistra. Pare, in camera caritatis, che si sia spinto a farlo anche dall'altare in più di un'occasione.

Ed è evidentemente curioso che - nello scandalo che ha travolto la curia salernitana - la regione Campania, governata da esponenti di quella parte politica che il vescovo ha a cuore e che frequenta, risulti parte lesa per aver stanziato un finanziamento di un milione e 900mila euro, anche questo sequestrato, per completare i lavori di ristrutturazione dell'albergo a 5 stelle. Tanto più che in passato la Regione aveva erogato altri 2 milioni 500 mila euro per il villaggio San Giuseppe.

Ora, non si intende di certo screditare la Chiesa (e per Chiesa si intenda tutta la comunità di fedeli) - anzi, la finalità è opposta - ma una domanda sorge spontanea ed è d'obbligo porsela:

non sarebbe, forse, più opportuno sostenere sacerdoti validi come Don Ciro piuttosto che andare a braccetto con l'assessore di turno?

Se è così, il vescovo di Salerno ha sbagliato mestiere.

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